Lisa Jane Smith – Libri
E, quasi distrattamente, aggiunse: lo giuro sulla Terra, l’Acqua, il Fuoco e l’Aria.
E, quasi distrattamente, aggiunse: lo giuro sulla Terra, l’Acqua, il Fuoco e l’Aria.
Scrivo, perché ho bisogno di sfogare i miei pensieri, anche attraverso cose che sicuramente non leggerai mai!
L’ultima luce, nell’ultima finestra, si spegne. Solo l’inarrestabile macchina del mare continua a svellere il silenzio con la ciclica esplosione di onde notturne, lontane ricordanze di tempeste sonnambule e naufragi di sonno.Notte sulla locanda Almayer.Inarrestabile notte.
Più come pro forma che perchè ne sentisse il bisogno, chiuse gli occhi e cominciò a recitare l’Atto di Dolore, come sempre in francese. Mon Dieu, je regrette… eppure non si pentiva di nulla; era fin troppo tardi per qualunque pentimento.Avrebbe ritrovato Claire una volta morto? Si domandava. O magari, come si aspettava, sarebbe stato condannato alla separazione per un po’? In ogni caso l’avrebbe rivista: si aggrappò a quella convinzione con molta più fermezza di quanta non ne provasse nell’abbracciare i dogmi della Chiesa.Dio gliel’aveva data, Dio gliel’avrebbe restituita.(da “Il cerchio di pietre”)
Tutta quella città… non si riusciva a vederne la fine…La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?Era tutto molto bello, su quella scaletta… e io ero grande con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema.Non è quello che vidi che mi fermò, Max.È quello che non vidi.Puoi capirlo? Quello che non vidi… In tutta quella sterminata città c’era tutto tranne la fine.C’era tutto.Ma non c’era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita.Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se tu.Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai… Quella tastiera è infinita.Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.Cristo, ma le vedevi le strade?Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi laggiù a sceglierne una.A scegliere una donna.Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce, e quanto ce n’è.Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla…Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo passava, ma non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita.Io ho imparato a vivere in questo modo.La terra… è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.Non scenderò dalla nave.Al massimo, posso scendere dalla mia vita.
Non scrivere in modo da essere compreso, scrivi in modo da non esser frainteso.
Cercai e trovai presto, le tre pietre tombali sul declivio vicino alla brughiera: quella di mezzo, grigia e quasi sepolta dall’erica, quella di Edgar Linton abbellita soltanto dall’erba e dal muschio che vi salivano sopra, e quella di Heathcliff ancora nuda.Indugiai tra quelle tombe, sotto quel cielo benigno, osservai le falene volare tra l’erica e le campanule, ascoltai il vento dolce soffiare tra l’erba; e mi chiesi come si potesse immaginare un sonno inquieto per chi dormiva in quella terra serena.