Guido Mazzolini – Filosofia
Felicità è non avere bisogno di nulla, per aver desiderio di tutto.
Felicità è non avere bisogno di nulla, per aver desiderio di tutto.
Perché mi prendi in giro?Per quale motivo credi di non poter essere te stessa?Che cazzo te ne fotte se non ti sentono?Se non puoi essere aiutata da nessuno?Grido!Rido!Non ho bisogno di nessuno.Non ti capisci perché guardi da uno spioncino lontano.Vorrei il vuoto.La solita storia.Non sto male lo giuro!Però a volte capita di non voler più capire e voler solo urlare.Voler solo sentire se altri gridano insieme a te.Perché cerco questo contatto?Vivo per sentire la gente.Amo sentire le persone.Eppure questo contatto lo cerco sempre io.Vivo sentendo senza essere sentita.Cosa credi?Perché pretendi ti sentano.Tu racconti chi sei!Io racconto chi sono…
Il pensiero non ha confini ed è sempre nudo davanti agli occhi della mente.
Ma è un originale, senza nessuna cultura: uno di quei selvaggi moderni che ora si vedono spesso, di quei liberi pensatori che hanno assimilato d’emblée i concetti dell’ateismo, del materialismo. Prima il libero pensatore era un uomo che aveva appreso i fondamenti della religione, delle leggi, della morale, e poi, da sé attraverso lotte e travagli, era giunto al libero pensiero: ma ora c’è un nuovo tipo di liberi pensatori, i quali non hanno mai sentito dire che vi sono leggi morali e religiose e che non sanno fare altro che negare, cioè sono dei selvaggi. Lui credo che sia figlio di un maestro di Mosca e non ha ricevuto alcuna istruzione. Quando entrò all’accademia e cominciò a farsi una certa fama, siccome non è sciocco, volle istruirsi e si mise a leggere le riviste e i giornali, e così si fece una cultura superficiale che l’ha portato alla negazione di tutto. Un tempo almeno si studiava il passato per combatterlo, ma ora ci si contenta di paroloni: selezione, evoluzione, lotta per l’esistenza e via discorrendo.
Leggere Nietzsche significa rischiare la vita.
Questo che sto scrivendo in questo momento è già passato, non è più presente.
Esiste il concreto pericolo che sia tutto un semplice miscuglio di materia. Chimica e fortuna. Un caos più o meno ordinato. Un caos che, forse, risponde solo a sé stesso. Così inteso, il “caos”, rimanda ancora una volta al metafisico. Si tratta, forse, di un altro modo per non ammettere che la realtà materiale ci spaventa poiché non siamo in grado di capirla?