Anna De Santis – Ipse dixit
Mi piace pensare che io sia un’aliena, non mi ci ritrovo in questa terra incasinata, voglio la mia navicella… telefono casaaa.
Mi piace pensare che io sia un’aliena, non mi ci ritrovo in questa terra incasinata, voglio la mia navicella… telefono casaaa.
Perché con te non riesco mai a spiegare quello che mi succede e con un bacio mi costringi a non urlare, non posso arrabbiarmi con te, come devo fare, mi rubi col respiro le parole che rimangono lì sulle tue labbra… riuscirò un giorno forse, a non cedere e capitolare tra le tue braccia amore… ti prego lasciami almeno il gusto di parlare… non stringermi così forte, per una volta ti voglio dire…
In una camera d’ospedale… quando una notte diventa lunghissima accanto ad un genitore che soffre e tu non puoi far niente e te lo vedi morire… è una lunga agonia e pensi mille cose, ti vengono in mente ricordi che avevi dimenticato e tutto l’amore che c’è stato… ma ora in quel letto c’è un bambino che deve essere accudito come l’ha fatto per te un tempo… e senti il suo lamento in ogni movimento…
Si legga Eulero: è il nostro maestro in tutto.
Natale… una candela e noi due.
È inutile… c’è chi ha una marcia in più anche se cammina in 500.
Noi pensiamo sempre che le persone disabili sono meno fortunate di noi e con pena le guardiamo, siamo comunque imbarazzati al loro passaggio perché non sappiamo se salutarli e fargli un sorriso che non costa niente, oppure no, se un bacio può fargli piacere oppure no, impariamo a vederli come noi siamo, anche noi abbiamo difetti da nascondere, non sono evidenti ma forse più gravi, eppure non ci sentiamo imbarazzati, la civiltà sta nell’accettare e rendere più normale la vita ai meno fortunati, solo allora potremo sentirci appagati.