Hermann Hesse – Libri
Tra gli uomini-bambini. “Povero io sono” disse Siddharta: “non possiedo niente, se è questo che intendi dire. Certamente sono povero, ma lo sono volontariamente, quindi non sono in miseria”.
Tra gli uomini-bambini. “Povero io sono” disse Siddharta: “non possiedo niente, se è questo che intendi dire. Certamente sono povero, ma lo sono volontariamente, quindi non sono in miseria”.
Terribilmente a disagio, me ne stavo palpitante in attesa dell’arrivo di Edward.
Possa svegliarsi fra i tormenti! – gridò Heathcliff con una spaventosa veemenza, picchiando i piedi, ruggendo di dolore in un improvviso parossismo d’irresistibile passione. – Sì, sì, bugiarda fino alla fine! Dov’è dunque? Non là… non in cielo… scomparsa, dove? Ah, tu dicevi che non t’importava nulla delle mie sofferenze! Ed io faccio una preghiera, e la ripeterò fin che la mia lingua si secchi: Catherine Earnshaw, possa tu non trovar mai riposo fin ch’io vivo! Tu dici che io ti ho uccisa: tormentami, allora. Le vittime perseguitano i loro assassini, io credo. Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. Sta sempre con me… prendi qualunque forma… rendimi pazzo! Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non ti posso trovare! Oh Dio, è impossibile! Non posso vivere senza la mia vita, non posso vivere senza la mia anima!
Vorrei trovarmi su un’isola di pagine, edificarvi immagini, godere l’irrealtà.
Molti scrivono quello gli passa per la testa. Io scrivo quello che mi passa per il cuore.
Mi chinai a sfiorargli le labbra morbide. Col secondo bacio gli morsi leggermente il labbro superiore, facendolo gemere. Mi ricambiò prendendomi il viso tra le mani, come per bermi, teneramente, bramosamente, come per assaporare un vino pregiato fino all’ultima goccia.
Un uomo apparve all’angolo della strada che il gatto aveva tenuto d’occhio; ma apparve così all’improvviso e silenziosamente che si sarebbe detto fosse spuntato da sotto terra. La coda del gatto ebbe un guizzo e gli occhi divennero due fessure: in Privet Drive non si era mai visto niente di simile. Era alto, magro e molto vecchio, a giudicare dall’argento dei capelli e della barba, talmente lunghi che li teneva infilati nella cintura. Indossava abiti lunghi, un mantello color porpora che strusciavano per terra e stivali dai tacchi alti con le fibbie. Dietro gli occhiali a mezzaluna aveva due occhi di un azzurro chiaro, luminosi e scintillanti, e il naso era molto lungo e ricurvo, come se fosse stato rotto almeno due volte. L’uomo si chiamava Albus Silente.