Monica Cannatella – Stati d’Animo
Aspettare è un verbo che appartiene all’infinito, quindi non potrò mai smettere di farlo.
Aspettare è un verbo che appartiene all’infinito, quindi non potrò mai smettere di farlo.
Sono un vulcano di rabbia e di determinazione se vengo colpito ingiustamente. Un vulcano di giustizia e intelligenza se devo confrontarmi con chi crede di farmi fesso. Sono un vulcano di emozioni e sentimenti se trattato con rispetto e amore. Sono sorrisi e allegria per coloro che sanno rendermi la vita migliore. Sono rimpianto per chi mi ha lasciata andare e un rimorso per chi non ha saputo rischiare. Sono anche una di quelle persone che nella vita non hanno contato nulla per qualcuno che invece ritenevano importante.
Ogni tanto bisogna fare pulizia nel cuore, tagliare tutti i rami secchi.
Pensavo che mi piacerebbe tanto camminare mano nella mano con te, calpestando foglie secche in autunno. Pensavo che sarebbe bello starcene seduti sulla riva del mare in silenzio, per ascoltarci un po’, per dirci mutamente quello che non abbiamo il coraggio di dirci. Pensavo che si potrebbe provare a immaginare di guardare una partita di calcio insieme, litigare perché vince la mia squadra e non la tua. Oppure perché non capisco molto di calcio e tu vuoi spiegarmi cos’è un fuorigioco. Pensavo che poi, se vuoi, se scopriamo che insieme non siamo così male, si potrebbe provare ad amarci tutta la vita e anche oltre.
Non restare senza volto quando ti cade la maschera, mostra la tua pelle senza timore di essere te stesso.
La consapevolezza dell’impossibilità del poter vederti accarezzata dalla luna è pari solo al desiderio che avrei di nutrirmi eternamente dei tuoi sorrisi e delle tue parole.
C’è chi vive il piombo e chi vive l’oro, entrambi sono tempi che ci appartengono. Ciò che accomuna questi due momenti sono l’egoismo, la meschinità, la grettezza, l’individualismo che assumiamo in entrambi. Il piombo col suo peso ci anestetizza da ogni sensorialità, costruendo un granitico cinismo; l’oro ci rende avidi, paurosi di poter perdere le nostre ricchezze e altrettanto cinici per le sofferenze altrui, come se il male degli altri potesse contaminarci e farci cadere in povertà. Entrambi i tempi si esprimono con l’urlo primordiale che è dentro noi, la voce straziante dei no al male del mondo che si risveglia.