Pablo Neruda – Stati d’Animo
Chi sono quelli che soffrono?Non lo so, ma sono i miei.
Chi sono quelli che soffrono?Non lo so, ma sono i miei.
Non siamo in grado di definire i sentimenti che nutriamo fino in fondo, ma i sentimenti che nutriamo definiscono fino in fondo ciò che siamo.
Sono stanca di muri di carne senza cuore, mi girano e rigirano l’anima senza fare rumore.
Nel mio immaginario non c’è solo il compimento, c’è la tensione, lo spasmo, il prolungare, il confondere il piacere con una piccolissima punta raffinata di dolore, il rimandare, il fermarsi, il soffermarsi, l’imbarazzarsi, restare senza parole, restare preda. La mia voglia di dare, in realtà, è una forma di drastico egoismo, non è neppure, semplicemente, ricevere, ma è usurpare, rubare e depauperare. È un cavallo legato al giogo costretto a fare il giro, imbrigliato com’è, ma che s’incazza e s’imbizzarrisce e vuole scalciare. Tradurre ogni pensiero in parola mi è difficile; sono come il cavallo, con i paraocchi, non so dove me ne vado, vado perché mi sento tirare.
È brutto sentirsi stranieri di un mondo a cui non senti di appartenere, un mondo che sembra rifiutare coloro che credono nei valori essenziali della vita, un mondo privo di persone capaci di sognare, di aiutarsi, di capirsi, che vivono come se avessero la presunzione di poterlo fare per sempre.
Non è detto che essere vicini a qualcuno significhi essere presenti, a volte la mente prende sentieri del tutto inaspettati e l’anima detta le sue leggi e va altrove.
La notte e il giorno si fondono in un labirinto di altalenanti emozioni. Mani tese cercano invano un appiglio in cuori di pietra.