Giulia Guglielmino – Tristezza
Scrivere vuol dire aver qualcosa da raccontare.Piangere, aver qualcosa da dover ricordare…
Scrivere vuol dire aver qualcosa da raccontare.Piangere, aver qualcosa da dover ricordare…
Andare avanti senza amore è come continuare a navigare senza alcuna speranza di avvistare la costa.
Appariva così distrattamente solitaria, ma nessuno sapeva che era in compagnia dei suoi pensieri, della sua anima!
Se solo potessi farti capire che quando piangi la tua anima si rallegra, vedresti nella tristezza il volto puro di ciò che sei.
Lacrime notturne si celano agli occhi del mondo, mentre le tenebre avvolgono tutto sprofondo nel mare di morte della mia anima, spade argentee estratte dal mio cuore danzano attorno a me, una lotta continua con me stesso e i miei incubi, una lotta per cercare una via di fuga celata chissà dove, una lotta per avere un sogno reale nell’oscurità che mi circonda.
“Naturalmente Grindelwald tagliò la corda. Aveva già collezionato una bella lista di malefatte nel suo paese e non voleva che anche Ariana fosse messa sul suo conto. E così Albus era libero. Libero dal fardello della sorella, libero di diventare il mago più grande del…””Non è mai stato libero” lo interruppe Harry.”Come?” Chiese Aerforth.”Mai” ripetè Harry “La notte che morì, suo fratello aveva bevuto una pozione che lo fece uscire di senno. Urlava, supplicava qualcuno che non c’era. ‘Non far del male a loro, ti prego, fai del male a me, invece'”Ron e Hermione lo fissarono. Non aveva mai raccontato nei particolari che cos’era accaduto sull’isola al centro del lago: gli eventi dopo il ritorno suo e di Silente a Hogwarts avevano eclissato tutto il resto.”Credeva di essere di nuovo con lei e Grindelwald, lo so” continuò Harry, ricordando il piagnucolio e le suppliche di Silente “Vedeva Grindelwald che faceva del male a lei e ad Ariana… era una tortura per lui: se l’avesse visto allora, non direbbe che era libero”.
Sono inciampata e ho vacillato mi sono aggrappata a “qualcosa” che credevo solido, sono andata avanti zoppicando finché sono nuovamente inciampata e caduta. Come una bambina ho pianto, ma non piangevo come una bambina, perché il dolore che sentivo era il mio cuore di adulta andare in pezzi, frantumato dalla mia stessa vita che sembrava non appartenermi più. Consolavo quel frenetico battito accarezzandolo cercando nelle pieghe della mia mente qualcosa che sapesse di buono. Quanto amaro in bocca! Ho maledetto e leccato le mie lacrime, ognuna una ferita a solcarmi l’anima di sale, le mie spalle come ali impazzite cercavano di spiccare il volo per respirare, per andare lontano con il pensiero. Qualcosa di buono! Strisciando verso il fondo mi sono spogliata della mia corazza, forse fasulla, non sono io il centro del mio mondo. Qualcosa di buono, ed eccolo! Un viso, i miei stessi occhi, la parte migliore di me. La continuità della mia vita.