Alan Dean Foster – Libri
Il secondo sembrava indifferente. “Se vuoi. A me va bene. Se mi sentirò generoso, vi darò anche dei diamanti””Che diamanti?””Quelli che troverò laggiù, dentro vecchie ceste aliene ricolme”. Indicò la cavità oscura.
Il secondo sembrava indifferente. “Se vuoi. A me va bene. Se mi sentirò generoso, vi darò anche dei diamanti””Che diamanti?””Quelli che troverò laggiù, dentro vecchie ceste aliene ricolme”. Indicò la cavità oscura.
Il cuore, come se sapesse qualcosa che io ignoravo, mi batteva nelle tempie all’impazzata.
“Perché lo fai? Ancora non capisco perché ti sforzi così tanto di resistere a ciò che… sei. Ti prego, non fraintendermi, è ovvio che ne sono contenta. Ma non capisco quale sia la causa scatenante”Indugiò prima di rispondere: “È una bella domanda, e non è la prima volta che la sento. Anche gli altri si chiedono come facciamo a vivere così. Ma vedi, il fatto che ci sia… toccata in sorte una certa condizione… non significa che non possiamo scegliere di innalzarci, di superare i confini di un destino che non abbiamo scelto noi. Cercando di conservare il più possibile l’essenza di un’umanità”.
Non sono mai riuscito a cancellare… l’agonia. Il mio cuore non batteva da quasi novant’anni, ma stavolta è andata diversamente. Non lo sentivo più, al suo posto c’era un vuoto. Come se ti fossi portata via tutto ciò che avevo dentro.
“Non siamo noi a trovare la Verità. È la Verità a trovare noi. Dobbiamo solo prepararci”.”Si può invitare un ospite che non si conosce? No. Ma si può mettere la casa in ordine, così che, quando l’ospite arriva, si è pronti a riceverlo e a conoscerlo”.
Gli venne in mente, senza spiegazioni, una della tante leggende che circolavano su quella città: che le donne, laggiù, tenevano un solo occhio scoperto, meravigliosamente dipinto con terre colorate. Si era sempre chiesto perché mai avrebbero dovuto nascondere l’altro. […]- Perché nessun uomo potrebbe reggere il loro sguardo senza impazzire.
Sto piangendo. Dopo tanti anni piango ancora per loro. Calde lacrime scivolano lungo le rughe del mio viso, finché l’aria non le asciuga, lasciandomi piccole chiazze fresche e appiccicose sulla pelle.Sylvia è tornata da me. Mi terge allegramente le guance con un fazzolettino di carta. Per lei le mie lacrime sono solo il frutto di qualche difetto nelle tubature. Un altro dei segni inevitabile e innocui della mia grande vecchiaia.Non sa che piango per i tempi che cambiano, che, rileggendo le mie pagine preferite del libro della memoria, sento nascere dentro la speranza in una conclusione diversa, la speranza disperata che la guerra non ci sia. Che questa volta, in qualche modo, ci lasci in pace.