Anna Cosentino – Social Network
Provo tristezza per chi entra nei profili di parenti e amici per commentarsi le foto, devono sentirsi parecchio soli.
Provo tristezza per chi entra nei profili di parenti e amici per commentarsi le foto, devono sentirsi parecchio soli.
Quanta ipocrisia. Ci sono ancora persone convinte che fingere di stare bene mostrando i lati migliori (se ce ne fossero) di loro su Facebook, li faccia stare veramente meglio. E che mostrare felicità con foto ricordo, la possono sentire veramente. Sveglia! Non prendete per il culo il mondo, ma voi stessi.
Sai che c’è? Mi sono davvero rotta le palle di essere altruista, di vedere sempre il bene in tutti, di esserci per tutti. Ora voglio essere egoista, pensare prima a me e poi agli altri. Sono stanca delle prese in giro, dei ti voglio bene fasulli e tutto ciò che è falso. Cavolo, è cosi impossibile avere un po’ di verità in questo schifo di mondo virtuale?
Ho perdonato sempre, troppe volte, sperando che le cose potessero cambiare e sono arrivata alla conclusione che chi non ti ama non si sforza di cambiare né cambierà mai.
Correva l’anno uno ante Facebook, quando condividere era ancora un verbo di cui andare fieri.
L’amore è una cosa fantastica fin quando rimane vivo il desiderio, la voglia di stare insieme, fin quando c’è il rispetto e la stima reciproca, ma quando queste cose vengono a mancare rimane solo l’abitudine. Si resta insieme per non rimanere soli.
È il contatto che ci manca in una società dove si predilige il rapporto virtuale. Entri in un luogo pubblico e, mentre sei lì che aspetti, son tutti ipnotizzati davanti allo schermo del proprio Iphone. Niente dialogo, scambio di battute, tutto un botta e risposta su Whatsapp, o interminabile interagire coi giochi sui social. Pare non abbiamo più nulla da raccontarci, da inventarci. Solo un copia incolla di link da mandarci, di frasi fatte, di messaggi brevi, magari inaccessibili come codici fiscali, musica da postare, ma il linguaggio è fermo. Trovandoci uno di fronte all’altro o in comitiva ognuno guarda il proprio cellulare, pare sia lui il protagonista di ogni conversazione, sia lui a parlare per noi, più di noi. È il contatto, quello di sguardi, di sorrisi, di discorsi, è il contatto che ci manca.