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Antonino Gatto – Poesia

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    Se mi sento un poeta? Qualche volta. È parte di me. È parte di me il convincere me stesso che sono un poeta. Ma ci vuole molta dedizione. Molta dedizione. I poeti non guidano. I poeti non vanno al supermercato. I poeti non svuotano la pattumiera. I poeti non fanno parte dell’Associazione dei genitori e insegnanti. I poeti non vanno nemmeno a fare picchetti davanti all’ufficio delle Case popolari, o qualunque altra cosa. I poeti non parlano nemmeno al telefono. I poeti non parlano con nessuno. I poeti ascoltano molto e… di solito sanno perché sono poeti! Sì sono… come posso dire? Il mondo non ha bisogno di altre poesie, c’è già Shakespeare. Ce n’è già abbastanza di qualunque cosa. Qualunque cosa venga in mente, ce n’è già abbastanza. Ce n’era già fin troppa con l’elettricità, forse. C’è gente che l’ha detto. C’è gente che ha detto che la lampadina era già fin troppo. I poeti vivono in campagna. Si comportano da gentiluomini. E vivono secondo il loro codice di gentiluomini e muoiono in miseria. O annegano nei laghi. Di solito i poeti finiscono molto male. Basta guardare alla vita di Keats. O a quella di Jim Morrison, se lo vogliamo chiamare un poeta.

  • Cristina Tarabella – Poesia

    Il gioco dell’Universo. (Lo spirito amante della natura).La spiaggia brilla sotto le stelle ed il mare ne bagna le silenti propaggini. Un’onda giunge fino a me… e si ritrae: sembra che voglia rapirmi. Nuovamente torna ad accarezzare e lambire i miei piedi; gioconda sottrae la sabbia intorno facendo sì che io sprofondi un poco. Forse la spiaggia vuol farmi prigioniera? in un rapimento amoroso di amplessi marini? Sembra un gioco bellissimo, nel quale sono complici le acque ed i mille granelli di sabbia. Ma nel gioco male si addice la mia immobilità: fissa nello stupore incredulo. Tutto in torno si muove e accarezza fremendo il mio corpo. Perché rimango immobile? La natura mi chiama mi incita a vivere… a giocare… L’onda gaia continua il suo abbraccio e carezza sensuale la pelle del mio corpo stupito. La spiaggia non accetta la fissità del mio essere; fa vacillare i miei piedi, l’acqua marina che lenta si muove… Un attimo e tutte le membra son parte del mare. La spiaggia mi ha gettata nel grembo fluido della madre schiumosa. Il corpo sospira… si risveglia… miriadi di gocce salate distruggono il torpore. Adesso! la vita penetra in me. Ed io con impeto, al fine travolto, prendo parte al gioco dell’universo.