Domenico Esposito Mito – Libri
Sono meglio cento crude verità che un solo dubbio atroce.
Sono meglio cento crude verità che un solo dubbio atroce.
Quegli addii un po’ dolci e un po’ amari.
“Non temere”, mormorai. “Noi ci apparteniamo”. Fui immediatamente travolta dalla verità delle mie stesse parole. Quel momento era così perfetto, così giusto, che per nulla al mondo potevo dubitarne. Le sue braccia mi avvolsero stringendomi a lui, estate e inverno. Era come se ogni terminazione nervosa del mio corpo sprizzasse elettricità. “Per sempre”, aggiunse Edward e mi trascinò con dolcezza verso acque piu profonde.
Scrivere è una delle attività più solitarie del mondo. Una volta ogni due anni, io mi siedo davanti al computer, osservo il mare sconosciuto della mia anima e scorgo alcune isole – idee che si sviluppano e che sono pronte per essere esplorate. Allora prendo la mia barca – il suo nome è “parola” – e scelgo di navigare verso la più vicina. Durante il tragitto, mi imbatto in correnti, venti e tempeste, eppure continuo a remare, sempre più esausto. Sono consapevole di essermi allontanato dalla rotta, di non avere più all’orizzonte l’isola dove intendevo arrivare.Tuttavia non c’è modo di tornare indietro: devo proseguire comunque, oppure mi ritroverò perso in mezzo all’oceano. In quel momento, mi attraversa la mente una sequela di scene terrorizzanti: io che trascorro il resto della mia vita parlando dei successi passati, o criticando aspramente i nuovi scrittori, per il semplice fatto di non avere il coraggio di pubblicare altri libri. Ma il mio sogno non era quello di fare lo scrittore? Dunque devo continuare a creare frasi, paragrafi, capitoli, a scrivere fino all’esaurimento, senza lasciarmi paralizzare dal successo, dalla sconfitta, dalle trappole.Scosso da questi pensieri assurdi, scopro in me una forza e un coraggio di cui ignoravo l’esistenza: mi aiutano ad avventurarmi nel lato sconosciuto della mia anima. Mi lascio trasportare dalla corrente e finisco per ancorare la mia barca nei pressi dell’isola dove sono stato condotto. Passo giorni e notti scrivendo ciò che vedo, domandandomi per quale motivo sto agendo così, ripetendomi ad ogni istante che questo sforzo è ormai inutile, che non ho più bisogno di dimostrare niente a nessuno, che ho già ottenuto ciò che desideravo e molto più di quanto osavo sognare.
Te avevo da sveglio negli occhi, te di notte nella mente, quando le palpebre si chiudono, vinte dal placido sonno. Che effetto avresti prodotto in me di persona, se mi piacevi senza che ancora ti avessi vista?
Non venire a dire che la natura è una meraviglia. Non venire a dirmi che il mondo non è una favola; coloro che non l’hanno capito forse ci arrivaranno soltanto quando la favola starà per finire. In quel momento viene data l’ultima occasione per togliersi i paraocchi, e un’ultima opportunità di sfregarsi gli occhi dallo sbigottimento, un ultima possibilità di abbandonarsi a questa meraviglia alla quale si sta per dire addio…(da “La ragazza dell’arance”)
Tua è la mia spada. Tua è la mia vita. Tuo è il mio amore. Il mio sangue, il mio corpo, le mie canzoni, tutto quanto tu possiedi. Io vivrò e morirò al tuo comando, mia regina!