Edvard Munch – Arte
L’arte si nutre del sangue dell’artista.
L’arte si nutre del sangue dell’artista.
Scrivere, dipingere, girare film, fotografare, creare qualcosa di proprio è vivere l’essenza dell’animo umano, immaginando l’esistenza di un mondo dove la vita può mascherarsi nell’infinità dell’immaginazione.
Mi sembra assolutamente assurdo che due semplici abilità facciano sentire autorizzati alla deizzazione di sé stessi… è come guardare il mondo dal ciglio di un precipizio…
Da Carmelo Bene, abbiamo appreso l’arte del disapprendere,dello sperpero dell’arte, della generosità autentica di chi è uscito dalla catena di montaggio. Dobbiamo a questo genio la lezionedi un arte che non consola, che non si arruffiana con il potere,che considera l’individuo non come facente parte di un socialecatalogato e omologato. Quando lo ascolti non sai cosa voglianodire quei testi. Il fatto è che nell’istante in cui Carmelo Benepronuncia una parola, in quell’istante, tu sai cosa vuol dire,un istante dopo: non lo sai più. Così il significato del testoè una cosa che percepisci, si, ma nella forma aereadi una sparizione. Lui diventa quelle parole e quelle parolenon sono più parole, ma voce. E suono che accadediventa ciò che accade, e dunque tutto… e il resto non è più niente.
Io non so dove vanno i grandi artisti quando muoiono. Voglio pensare che ci sia un ingresso speciale in Paradiso, senza sipari, con tante poltrone, tutte in prima fila. Un posto, dove l’unico frastuono che si sente, è l’applauso della gente che li ha amati.
L’artista materializza emozioni.
Giuseppe d’Agata ha uno svariato approccio all’arte: ludico, impegnato, sperimentale, incuriosito.
Scrivere, dipingere, girare film, fotografare, creare qualcosa di proprio è vivere l’essenza dell’animo umano, immaginando l’esistenza di un mondo dove la vita può mascherarsi nell’infinità dell’immaginazione.
Mi sembra assolutamente assurdo che due semplici abilità facciano sentire autorizzati alla deizzazione di sé stessi… è come guardare il mondo dal ciglio di un precipizio…
Da Carmelo Bene, abbiamo appreso l’arte del disapprendere,dello sperpero dell’arte, della generosità autentica di chi è uscito dalla catena di montaggio. Dobbiamo a questo genio la lezionedi un arte che non consola, che non si arruffiana con il potere,che considera l’individuo non come facente parte di un socialecatalogato e omologato. Quando lo ascolti non sai cosa voglianodire quei testi. Il fatto è che nell’istante in cui Carmelo Benepronuncia una parola, in quell’istante, tu sai cosa vuol dire,un istante dopo: non lo sai più. Così il significato del testoè una cosa che percepisci, si, ma nella forma aereadi una sparizione. Lui diventa quelle parole e quelle parolenon sono più parole, ma voce. E suono che accadediventa ciò che accade, e dunque tutto… e il resto non è più niente.
Io non so dove vanno i grandi artisti quando muoiono. Voglio pensare che ci sia un ingresso speciale in Paradiso, senza sipari, con tante poltrone, tutte in prima fila. Un posto, dove l’unico frastuono che si sente, è l’applauso della gente che li ha amati.
L’artista materializza emozioni.
Giuseppe d’Agata ha uno svariato approccio all’arte: ludico, impegnato, sperimentale, incuriosito.
Scrivere, dipingere, girare film, fotografare, creare qualcosa di proprio è vivere l’essenza dell’animo umano, immaginando l’esistenza di un mondo dove la vita può mascherarsi nell’infinità dell’immaginazione.
Mi sembra assolutamente assurdo che due semplici abilità facciano sentire autorizzati alla deizzazione di sé stessi… è come guardare il mondo dal ciglio di un precipizio…
Da Carmelo Bene, abbiamo appreso l’arte del disapprendere,dello sperpero dell’arte, della generosità autentica di chi è uscito dalla catena di montaggio. Dobbiamo a questo genio la lezionedi un arte che non consola, che non si arruffiana con il potere,che considera l’individuo non come facente parte di un socialecatalogato e omologato. Quando lo ascolti non sai cosa voglianodire quei testi. Il fatto è che nell’istante in cui Carmelo Benepronuncia una parola, in quell’istante, tu sai cosa vuol dire,un istante dopo: non lo sai più. Così il significato del testoè una cosa che percepisci, si, ma nella forma aereadi una sparizione. Lui diventa quelle parole e quelle parolenon sono più parole, ma voce. E suono che accadediventa ciò che accade, e dunque tutto… e il resto non è più niente.
Io non so dove vanno i grandi artisti quando muoiono. Voglio pensare che ci sia un ingresso speciale in Paradiso, senza sipari, con tante poltrone, tutte in prima fila. Un posto, dove l’unico frastuono che si sente, è l’applauso della gente che li ha amati.
L’artista materializza emozioni.
Giuseppe d’Agata ha uno svariato approccio all’arte: ludico, impegnato, sperimentale, incuriosito.