Graziano Origa – Tempi Moderni
Sono tempi in cui bisogna avere il coraggio e l’innocenza di riprovare a sognare.
Sono tempi in cui bisogna avere il coraggio e l’innocenza di riprovare a sognare.
Non ho mai fatto, e non riesco ancora a fare distinzione tra il “così detto; virtuale” ed il “così immaginario, reale”.
Ragazza… smetti di “bucarti la pelle” e di me “drogati” nel Cuore! Attraverso le sue “arterie”, faremo un “viaggio” fantastico… e lo chiameremo Amore!
Casa: habitat fisico di molti, ma non di tutti. Dimora: habitat spirituale di tutti, senza eccezione alcuna. Casa-dimora: habitat fisico-spirituale, in via di estinzione per mancanza di amore.
Vivere fuori dagli schemi è l’unica cura contro questa asfissiante società falsa e consumista pronta a puntarti il dito addosso. Pronta ad inglobarti nella sua monotonia. Bisogna alienarsi dai canoni che ci vogliono come un fluire di immagini mutanti in relazione agli occhi che ci osservano. Bisogna essere sempre veri, cristallizzarsi in un’unica forma che rimanga autentica in questa ipocrita umanità che robotizza anche i sentimenti. Sempre pronti a difendere i propri confini senza mai attaccare quelli degli altri. Portare avanti con decisione i propri ideali essendo però capaci di correggerli in corsa. Ragionare con la propria mente tenendo intelligentemente conto di quello che ci circonda. Bisogna vivere fuori dalla “gabbia” dando comunque importanza ad essa. Il mondo è malato, e noi siamo l’antidoto. Noi giovani – giovani con la voglia di “spaccare tutto” – giovani che vogliono dimostrare a coloro i quali tentano di intercalarci in un sistema statico e marcio che noi siamo il “caos”. Dimostriamo che non siamo la “crazy generation” ma solo ragazzi che riescono ad affiancare il divertimento estremo ad una maturità che riesce a convivere con la nostra voglia di libertà rendendo la nostra esistenza una dolce congerie di tutto ciò. Lottiamo! E puntiamo sempre alla luna che da lassù ci osserva incontrastata, nel peggiori dei casi avremo passeggiato a testa alta tra le stelle del firmamento.
Gli astronauti viaggiano in navicelle spaziali verso la loro destinazione; i poeti viaggiano dentro se stessi e nel mondo della sensibilità verso l’emozione. Gli astronauti vedono il mondo e l’universo solo come un insieme di oggetti fisici; i poeti vedono il mondo e l’universo con gli occhi dell’anima e del cuore, descrivendoli con un pizzico di mistero e fantasia, ma evitando di scadere nel genere “giallo” né nell’inverosimile.
Il linguaggio dei segni, braccia conserte per dire di allontanarsi o altri che non capisco e non voglio capire, sono le bestie che pretendono che li si capisca. Una civiltà impostata su un linguaggio gestuale, finisce poi che si comincia a segnare i territori con la pipì?