Giovanni Soriano – Libri
Nessuno è veramente solo in questo mondo: ognuno ha il proprio Dio, il proprio dolore o il proprio orgoglio a fargli compagnia.
Nessuno è veramente solo in questo mondo: ognuno ha il proprio Dio, il proprio dolore o il proprio orgoglio a fargli compagnia.
Il rapporto con i libri nobilita le mie giornate.È una fuga dalle cose che non vanno nell’esistenza quotidiana, dalla malignità, dalla brutalità, dalla fatica.È un viaggio dentro te stessa in cui ritrovi un’altra te stessa.
Se sapessi soltanto di cui di che cosa ho avuto paura avrei già fatto un gran passo.
Entrare nella trama di un libro è come entrare in un sentiero in penombra illuminato dalla luce della fantasia.
Appoggio la mia mano sulla panchina, ma la ritiro subito: essa esiste. Questa cosa sulla quale sono seduto, sulla quale appoggiavo la mano si chiama una panchina. L’hanno fatta apposta perché ci si possa sedere, hanno preso del cuoio, delle molle, della stoffa, si sono messi al lavoro, con l’idea di fare una sedia e quando hanno finito era questo che avevano fatto. L’hanno portata qui, in questa scatola, e ora la scatola viaggia e sballotta, con i suoi vetri tremolanti, e porta nei suoi fianchi questa cosa rossa. Mormoro: è una panchina, un po’ come un esorcismo. Ma la parola mi rimane sulle labbra: rifiuta di andarsi a posare sulla cosa. Essa rimane quello che è, con la sua peluria rossa, migliaia di zampette rosse, all’aria, diritte, zampette morte. Questo enorme ventre girato all’aria, sanguinante, sballottato – rigonfio con tutte le sue zampe morte, ventre che galleggia in questa scatola, in questo cielo grigio, non è una panchina. Potrebbe benissimo essere un asino morto, per esempio, sballottato nell’acqua e che galleggia alla deriva, il ventre all’aria in un grande fiume grigio, un fiume da inondazione; e io sarei seduto sul ventre dell’asino e i miei piedi bagnerebbero nell’acqua chiara.
Perché non ne ho parlato? Dev’essere per orgoglio, e anche un po’ per inettitudine.
Un gesto, un avvenimento nel piccolo mondo colorito degli uomini non è mai assurdo che relativamente: in rapporto alle circostanze che l’accompagnano. I discorsi di un pazzo, per esempio, sono assurdi in rapporto alla situazione in cui si trova, ma non in rapporto al suo delirio.
Harry Potter: “L’uomo di Silente, fino in fondo”.
“Non sono preoccupato, Harry” rispose Silente, la voce un po’ più forte nonostante l’acqua gelata. “Sono con te”.
Da allora so come gli esseri umani possano essere avviluppati tra loro e presenti l’uno dentro l’altro ad abissali profondità, senza averne la più pallida idea.
Ammiro come si possa mentire appoggiandosi sulla ragione.
L’uomo che è mosso dall’aspirazione etica è al contempo soggetto e oggetto della propria aspirazione, l’opera in infinito divenire di cui egli stesso è l’artefice. Proprio per questo la forma di vita dell’uomo etico possiede un carattere peculiare. La sua vita ha perduto ogni ingenuità e, pertanto, l’originaria bellezza di una crescita organica naturale – per averne in cambio la più elevata bellezza piena d’animo, quella della lotta etica per la chiarezza, la verità, la giustizia, facendo scaturire la bellezza dai beni autentici dell’uomo, che ne è divenuta la “seconda natura”.
La società borghese, basata sullo scambio di valore, genera rapporti di produzione e circolazione che rappresentano altrettante mine per farla esplodere. Esse sono una massa di forme che si oppongono all’unità sociale, il cui carattere antagonistico non potrà mai essere eliminato attraverso una pacifica metamorfosi. D’altra parte, se noi non potessimo già scorgere nascoste in questa società – così com’è – le condizioni materiali di produzione e di relazioni fra gli uomini, corrispondenti ad una società senza classi, ogni sforzo per farla saltare sarebbe donchisciottesco.
La candela che è accesa in noi fa luce abbastanza per tutti i nostri propositi. Dobbiamo essere soddisfatti delle scoperte che possiamo fare alla sua luce; e faremo un uso corretto della nostra intelligenza, quando entreremo in rapporto con tutti gli oggetti nel modo e nella proporzione adatta alle nostre facoltà, e sulla base dei fondamenti che possono essere proposti a noi, e se non richiederemo perentoriamente o con intemperanza la dimostrazione e chiederemo la certezza dove la probabilità soltanto può essere ottenuta, una probabilità che sarà sufficiente a dirigere tutti i nostri interessi. Se rifiuteremo la credenza in ogni cosa, perché non possiamo conoscere con certezza tutte le cose, saremo tanto saggi come chi non usasse le gambe, ma restasse fermo e morisse, perché non ha ali per volare. Quando avremo conosciuto la nostra forza, sapremo meglio che cosa intraprendere con speranza di successo. E quando avremo passato accuratamente in rassegna i poteri del nostro spirito e fatto una qualche stima di che cosa ci possiamo aspettare da essi, non avremo piú la tendenza o a restar fermi e a non far lavorare affatto il nostro pensiero, disperati di non poter trovare nulla, né, d’altro lato, metteremo in questione ogni cosa, e rifiuteremo ogni conoscenza, perché alcune cose non possono essere intese.
Avrebbe preferito che tutto questo non fosse successo.Invece, le cose succedono.Si dicono parole che lasciano dietro conseguenze e significati. Si fanno gesti che possono ferire, per volontà espressa o per leggerezza.O per il semplice timore di essere feriti.
È necessario comparare la vita ad uno slancio, perché nessun’altra immagine, tratta dal mondo fisico, vale a esprimerne con altrettanta approssimazione l’essenza. Tale è la mia vita interiore e tale è pure la vita in generale. Se, nel suo contatto con la materia, la vita è paragonabile a un impulso o a uno slancio, considerata in se stessa, essa è un’immensità di virtualità, un compenetrarsi reciproco di migliaia di tendenze: le quali, tuttavia, saranno “migliaia” solo quando verranno rese esteriori le une alle altre, ossia spazializzate. Allo stesso modo, di un sentimento poetico esprimentesi in strofe, in versi, in parole distinte, si può dire che esso conteneva in sé tale molteplicità di elementi particolari, e che tuttavia, chi l’ha prodotto è stata la materialità del linguaggio. Ma attraverso le parole, i versi, le strofe, circola l’ispirazione indivisibile che costituisce l’unità del poema.
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.