Maicol Cortesi – Libri
La mia vita vive nei libri che leggo.
La mia vita vive nei libri che leggo.
La mosca stava ancora camminando sulla scrivania. Arrotolai il “Racing Form”, le diedi un colpo e la mancai.Non era la mia giornata. Né la mia settimana. Né il mio mese. Né il mio anno. Né la mia vita. Accidenti.
Scrivere un libro è un po’ come partorire un figlio. Viene concepito dall’immaginazione che, dopo averti fatto la corte, insemina e lascia lievitare le tue idee. Crescono nel grembo della mente che inizia a percorrere i suoi sentieri, addentrarsi nei suoi meandri, avvertire i brividi sulla pelle e a sentirsi addosso quel profumo che ha il sapore di infinito. Solo allora puoi incidere a fuoco le tue emozioni e, dopo un travaglio interiore, donare alla luce la tua anima che ha attraversato le ferite e i piaceri della carne.
“Tu sei il diavolo” disse allora Guglielmo.Jorge parve non capire. Se fosse stato veggente direi che avrebbe fissato il suo interlocutore con sguardo attonito. “Io?” disse.”Sì, ti hanno mentito. Il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio. Il diavolo è cupo perché sa dove va, e andando va sempre da dove è venuto. Tu sei il diavolo e come il diavolo vivi nelle tenebre.”
Mi figuro, per un inestirpabile pregiudizio di scrittore, che nulla resterà non detto.
Poi però accadde qualcosa di strano. Ricordi consegnati da lungo tempo ai più oscuri recessi della mente presero a filtrare dalle crepe. Le immagini saltavano fuori dal nulla in ordine sparso ma perfettamente nitide, come se non fosse passata una vita da allora. E presto quelle prime gocce esitanti si mutarono in diluvio. Interi dialoghi, parola per parola, sfumatura per sfumatura, come le scene di un film.
La luce è solamente una piccola parte di tutto ciò che esiste come lo è il nostro aspetto esteriore.
La mosca stava ancora camminando sulla scrivania. Arrotolai il “Racing Form”, le diedi un colpo e la mancai.Non era la mia giornata. Né la mia settimana. Né il mio mese. Né il mio anno. Né la mia vita. Accidenti.
Scrivere un libro è un po’ come partorire un figlio. Viene concepito dall’immaginazione che, dopo averti fatto la corte, insemina e lascia lievitare le tue idee. Crescono nel grembo della mente che inizia a percorrere i suoi sentieri, addentrarsi nei suoi meandri, avvertire i brividi sulla pelle e a sentirsi addosso quel profumo che ha il sapore di infinito. Solo allora puoi incidere a fuoco le tue emozioni e, dopo un travaglio interiore, donare alla luce la tua anima che ha attraversato le ferite e i piaceri della carne.
“Tu sei il diavolo” disse allora Guglielmo.Jorge parve non capire. Se fosse stato veggente direi che avrebbe fissato il suo interlocutore con sguardo attonito. “Io?” disse.”Sì, ti hanno mentito. Il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio. Il diavolo è cupo perché sa dove va, e andando va sempre da dove è venuto. Tu sei il diavolo e come il diavolo vivi nelle tenebre.”
Mi figuro, per un inestirpabile pregiudizio di scrittore, che nulla resterà non detto.
Poi però accadde qualcosa di strano. Ricordi consegnati da lungo tempo ai più oscuri recessi della mente presero a filtrare dalle crepe. Le immagini saltavano fuori dal nulla in ordine sparso ma perfettamente nitide, come se non fosse passata una vita da allora. E presto quelle prime gocce esitanti si mutarono in diluvio. Interi dialoghi, parola per parola, sfumatura per sfumatura, come le scene di un film.
La luce è solamente una piccola parte di tutto ciò che esiste come lo è il nostro aspetto esteriore.
La mosca stava ancora camminando sulla scrivania. Arrotolai il “Racing Form”, le diedi un colpo e la mancai.Non era la mia giornata. Né la mia settimana. Né il mio mese. Né il mio anno. Né la mia vita. Accidenti.
Scrivere un libro è un po’ come partorire un figlio. Viene concepito dall’immaginazione che, dopo averti fatto la corte, insemina e lascia lievitare le tue idee. Crescono nel grembo della mente che inizia a percorrere i suoi sentieri, addentrarsi nei suoi meandri, avvertire i brividi sulla pelle e a sentirsi addosso quel profumo che ha il sapore di infinito. Solo allora puoi incidere a fuoco le tue emozioni e, dopo un travaglio interiore, donare alla luce la tua anima che ha attraversato le ferite e i piaceri della carne.
“Tu sei il diavolo” disse allora Guglielmo.Jorge parve non capire. Se fosse stato veggente direi che avrebbe fissato il suo interlocutore con sguardo attonito. “Io?” disse.”Sì, ti hanno mentito. Il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio. Il diavolo è cupo perché sa dove va, e andando va sempre da dove è venuto. Tu sei il diavolo e come il diavolo vivi nelle tenebre.”
Mi figuro, per un inestirpabile pregiudizio di scrittore, che nulla resterà non detto.
Poi però accadde qualcosa di strano. Ricordi consegnati da lungo tempo ai più oscuri recessi della mente presero a filtrare dalle crepe. Le immagini saltavano fuori dal nulla in ordine sparso ma perfettamente nitide, come se non fosse passata una vita da allora. E presto quelle prime gocce esitanti si mutarono in diluvio. Interi dialoghi, parola per parola, sfumatura per sfumatura, come le scene di un film.
La luce è solamente una piccola parte di tutto ciò che esiste come lo è il nostro aspetto esteriore.