Maria Calisi – Frasi su animali
Mio gatto felino,mi stai sempre vicinocon gli occhi di giada diluitosembri un sornione compito.Sei in continuo agguatoma diventi un ghiro accoccolatoperché la solitudine hai relegato.
Mio gatto felino,mi stai sempre vicinocon gli occhi di giada diluitosembri un sornione compito.Sei in continuo agguatoma diventi un ghiro accoccolatoperché la solitudine hai relegato.
Anche se a una mucca dai da bere del cacao non ne mungerai cioccolata.
Se dovessi paragonarmi ad un animale sceglierei il gatto.Lo farei per tutti i suoi atteggiamenti. Il suo saper essere tremendamente coccolone (e un bel po’ ruffiano) ma anche il suo saper tirare fuori le unghie quando è necessario, senza alcun timore.Riesce sempre ad uscirne, dai guai, dalle scorrettezze. I suoi occhioni dicono tutto, basta saperli guardare, così come basta saper osservare i suoi movimenti per capire dove vuole arrivare. Cosa vuole conquistare.È pigro ma quando inizia a giocare lancia gioia ovunque, anche nei volti più tristi, perché fa tanto ridere il suo modo bellissimo di divertirsi con cose minuscole ed improbabili. Dagli un tappo di bottiglia e lui impazzirà.Non si fa toccare se non è lui a decidere che è il momento, che puoi osare. Non si fa neanche prendere se non ha voglia di starti a sentire. Gli ordini non li accetta ed è spesso diffidente con chi non conosce ancora. Ha un carattere tutto suo, si ama o si odia. E penso sinceramente che le persone incapaci di amare o capire un gatto saranno per sempre incapaci di comprendere ed amare anche me.
In una strada ti hanno lasciato, all’abbandono eri condannato, ma il mio cuore ti ha incontrato ed in uno abbraccio ti ha adottato.
Perché una persona si offende quando viene chiamata “animale”, quando deriviamo dagli animali? Forse, gli animali, si offenderebbero.
Permettetemi di dire con franchezza una cosa: siamo circondati da un’impresa di degradazione, crudeltà e sterminio che può rivaleggiare con ciò di cui è stato capace il Terzo Reich, anzi, può farlo apparire poca cosa al confronto, poiché la nostra è un’impresa senza fine, capace di autorigenerazione, pronta a mettere incessantemente al mondo conigli, topi, polli e bestiame con il solo obiettivo di ammazzarli.
C’era un cane alla fermata del l’autobus era basso nero, aveva una malattia “leccata”, ma non per questo non era fiero dell’ultima parte di pelo che gli era rimasta. Certo era un cane di razza, aveva sul muso una striscia bianca dritta come una linea pedonale. Il suo sguardo attraversava la strada, sembrava desideroso di raggiungere l’altro capo, le sue orecchie da cucciolo ascoltare il cinguettio di qualche passerotto su un ramo come fosse una ninna nanna. Se ne stava là disteso mai stanco di aspettare, un padrone invisibile scendere dal bus, nella convinzione che da lì ne sarebbe scesa la sua carezza.