Richard Steele – Lavoro
L’insopportabile fatica di non far niente.
L’insopportabile fatica di non far niente.
Nessuno odia il suo lavoro così cordialmente come il contadino.
La concorrenza è tale, quando il risultato raggiunto è, a parità di risorse.
Credevo di cambiare il mondo, ora mi affanno per cambiare il conto.
Tanto il mio lavoro è inutile, diciamo futileessenzialmente rimovibile, sostituibileregolarmente ricattabile, il mio lavoroè bello come un calcio all’inguine dato da un toro.Il mio lavoro è roba piccola fatta di plasticache piano piano mi modifica, mi ruba l’animadice: “il lavoro rende nobili”, non so può darsisicuramente rende liberi di suicidarsi.
Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente.
E quando dico “lavoro” non penso ad una fatica, ad un supplizio che uno deve sopportare dalla mattina alla sera per rendersi indipendente dal punto di vista economico, ma ad una opportunità che Dio ci ha offerto per dare più senso alla nostra esistenza. Ricordatevi quello che vi dico: una cosa è “fare” il tabaccaio, e una cosa è “essere” tabaccaio.