Simona Sanna – Tempi Moderni
La gente non ha ancora capito che per sfogarsi esistono gli amici, non gli stati di facebook.
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Uno dopo l’altro si alzano i sottili veli di grazia scura, e a grado a grado le cose si vedono restituire le loro forme e i loro colori, e vediamo l’alba rifare il mondo nel suo disegno antico. Gli esangui specchi risplendono la loro vita imitativa. Le candele spente stanno in piedi là dove le abbiamo lasciate, e accanto a loro giace il libro semisfogliato che stavamo studiando, o il fiore con un filo di metallo per gambo che abbiamo portato al ballo, o la lettera che non abbiamo avuto il coraggio di leggere, o che abbiamo letto troppo spesso. Nulla ci sembra mutato. Dalle ombre irreali della notte ritorna la vita reale che ben conosciamo. Dobbiamo riprenderla là dove abbiamo smesso, ed ecco che si impossessa di noi il terribile senso della necessità di continuare a spendere la nostra energia nella stessa noiosa routine di abitudini stereotipate, o forse il selvaggio desiderio di poter aprire i nostri occhi su un mondo rinnovellatosi nella tenebra per il nostro piacere, un mondo in cui le cose abbiano forme e colori nuovi, e sia mutato, o abbia altri segreti, un mondo in cui il passato abbia poco o nessun posto.
Il dubbio, mi sembra, è la condizione principale dell’essere umano nel ventesimo secolo.
Siamo fatti di pensieri che urlano e di parole taciute.
Troppi ciottoli trasportati dalla corrente convinti di essere salmoni in grado di risalirla.
Si profondono enormi energie per l’abolizione di ogni metodologia di tortura e poi si implementa ovunque la funzionalità “visualizzato alle…”