Stéphane Mallarmé – Libri
Il mondo è fatto per finire in un bel libro.
Il mondo è fatto per finire in un bel libro.
Offri al popolo gare che si possano vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione o la quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato.Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottisili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d’essere “veramente bene informati”.Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno.E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi.Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano.Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza.
Le scappava già un po’. La sentiva spingere sulla vescica, come uno spillo conficcato dentro la pancia. Non ce l’avrebbe fatta nemmeno oggi, ne era sicura.Ogni mattina lo stesso. Dopo colazione si chiudeva nel bagno e spingeva, per svuotarsi di tutta la pipì. Rimaneva sul water a contrarre gli addominali finché dallo sforzo non le prendeva una fitta alla testa e le sembrava che gli occhi le sgusciassero dalle orbite, come la polpa dell’uva fragola se schiacci l’acino. […]Tanto non serviva a niente. Arrivata in fondo alla prima seggiovia le scappava sempre così forte che era costretta a sganciarsi gli sci, ad accovacciarsi nella neve fresca, un po’ in disparte, a fingere di stringersi gli scarponi e intanto a fare la pipì.
Vai laggiù tra gli alberi. Liberati di quel che di umano è rimasto del tuo corpo e non innamorarti così follemente della notte da smarrire la strada!
Era la vertigine. L’ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere. La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa.
Mentre ti osservo in questi giorni ti muovi lentamente con una vita che cresce dentro di te spero tu sappia quanta importanza tu abbia per me, e come è stato speciale questo anno. Mi sento il più fortunato degli uomini e ti amo con tutto il cuore.
Non credi tu che Hindley sarebbe fiero del suo figliolo, se potesse vederlo? Quasi quanto io del mio. Ma c’è una differenza: l’uno è oro adoperato come pietra da strade, l’altro è stagno ben lustrato perché sembri argento. Il mio non val nulla per se stesso: pure io avrò il merito di spingerlo tanto lontano, quanto può andare un povero diavolo come lui; il suo aveva doti di prim’ordine, ma sono perdute, rese, più che inutili, nocive. Io non ho rimpianti; lui dovrebbe averne molti, e gravissimi. Il più bello di tutto ciò, poi, è che Hareton mi vuole un bene dell’anima: confessa che, in questo, ho completamente battuto Hindley. Se quel defunto animale dovesse sorger dalla sua tomba a rimproverarmi dei torti ch’io ho verso la sua progenitura, io avrei lo spasso di veder la suddetta progenitura rimandarlo al diavolo, indignata ch’egli osi oltraggiare l’unico amico ch’essa possiede al mondo!