Mariella Buscemi – Frasi d’Amore
Il tesoro più prezioso? Tutta la meraviglia delle promesse condivise.
Il tesoro più prezioso? Tutta la meraviglia delle promesse condivise.
Resto in ascolto, voglio vedere cosa succede. Tutti salgono e scendono da questa metropolitana virtuale, io scendo alla prossima, ho il fiato corto e decido di sostare un po’. Alzo la cornetta, ti chiamerei, riattacco, mi piace ri-attaccare: riattaccare i bottoni, attaccare bottone, riattaccare un legame, attaccare briga, riattaccare nel presente qualcosa del passato, riattaccare le speranze, le abitudini, riattaccare i sogni alle speranze, la felicità alla vita, riattaccare te a me, pelle a pelle, labbra sulle labbra, mano nella mano, occhi negli occhi.
A volte, non mi sento le gambe né le braccia, non vedo, non sento e se anche ci fossero parole, mando solo sguardi e preferisco i silenzi; sono cuore, tutta cuore, irrimediabilmente cuore, tragicamente cuore, dannatamente cuore. Lo sento pulsare dappertutto.
È un’equazione troppo semplice dire: “chi ha sofferto non rifila fregature”; chi ha sofferto entra all’interno di un meccanismo tale per cui, ed incosciamente, ricerca un capro espiatorio per un sistema di pareggiamento dei conti. Dovrebbe amare ed essere dimentico delle ferite, tuttavia, le cicatrici rimangono in superficie, sulla pelle e ricordano il passato in ogni momento, basta buttarci uno sguardo distratto; in ogni caso, prevale questa vendetta arcaica.
È così difficile chiedere. Chiedere ha il carattere dell’elemosinare, allora, è più semplice donare, donare sempre, incondizionatamente e non chiedi mai. Poi, quando pensi di aver trovato qualcuno a cui si possa chiedere senza alcuna remora, è proprio questa che ti farà pagare il prezzo più alto! Ciò che resta è il dato, non il ricevuto.
Come fanno quelli che dimenticano? Secondo me nessuno dimentica nulla; forse, rubano una mangiata di buio al cielo di notte per farlo calare sui ricordi, forse, raccolgono un pò di neve dove c’è sempre freddo per far gelare le emozioni del passato, forse, cambiano nome, pelle, odore per non farsi più riconoscere e dire: “vedi? Non sono più io” e questo dovrebbe farceli dimenticare o amare di meno? Nessuno dimentica nulla. IO NON DIMENTICO NULLA! Sotto la crosta del mio marcio cuore, ci sei ancora e sempre tu.
Non conosco altro, al di fuori dell’Amore, che laceri maggiormente. Ha a seguito cagne che dilaniano e riducono a brandelli le membra, ha forma di pugnale che si conficca in piaghe, ha un’atroce perversione che tatticamente esercita; ci soverchia, ci domina, ci soggioga. Non conosco male più perfido. È forse l’Amore che ha origine demoniaca e, stipulato il patto con lui, ci danna a vita ed a non-vita: Eros e Thanatos, istinti primordiali, principi di vita e di morte, non a caso.
Niente accade due volte e non allo stesso modo, neanche se fosse pedissequa ripetizione, lo sarebbe solo in apparenza solo per via del nostro stesso desiderio di ripetitività di ciò che è stato e non è più.
È questo il vero amore, quello che si vive nella propria interiorità per qualcuno anche in assenza di quel qualcuno.
L’ho fatto anch’io, rimanere prigioniera di quegli occhi che io definivo cattivi, lui disse che erano paurosi; avevo ragione io: erano cattivi!
Possiamo solo imparare dove mettere la virgola, consentendoci di respirare tra una cosa della vita e l’altra, ma essere coscienti di mettere un punto è una cosa che si fa per sé e nessuno può insegnarti. Ciò che per molti reca la parola fine, per me potrebbe essere solo l’inizio o la voglia di un ulteriore tentativo o la speranza di una continuazione; e poi a mettere un punto ci vuole spesso tanto coraggio, piuttosto esasperazione e la scelta di metterlo è senza dubbio sempre sofferta, per chi la opera e per chi la subisce.
A scadenze regolari, dopo essersi concessi il giusto tempo, quando il dolore è stato tanto, bisognerebbe tagliare i rami secchi e praticare nuovi innesti, ma ci si sente sempre delle piante rampicanti barbaramente avvinghiati a quelli che pensavamo essere muri possenti!
Mi auguro abbia una forma il sentimento di chi abbandona: sotto forma di incubo notturno o di rammarico crudele, di colpa risentita, di anelito interrotto, di vergogna cocente.
Io mi sono fatta a forma di sacco e mi sono svuotata addosso agli altri, donando ogni cosa; gli altri hanno deciso, poi, di aderire alla raccolta differenziata.
Reputo che chi accorda il perdono in risposta ad un tradimento segua un macchinoso marchingegno; arriva al perdono per ammantarsi di atti di eroismo estremi, sommo amore e nobiltà d’animo d’origine divina per ammassare ancor più sentimento di colpa nel traditore: non è male, ci sta dopotutto!
Se si passa con così tanta facilità al “prossimo”, non credo si possa parlare di grandi amori o di grandi delusioni; se il dolore è intenso, l’unica cosa che fisiologicamente si vuole è non soffrire più e non proporre una eventuale riedizione dello stesso dolore. È un martello che può schiacciare un chiodo, non un altro chiodo! Si finisce solo per mietere vittime capitanate dalla vittima principale: se stessi!
Il solo presagio, terrore, indignazione che quel passato che mi distrusse possa risederti a fianco e possa ridestarsi al mattino accanto ai tuoi sogni della notte che lentamente si dissipano per incontrare la realtà del giorno, mi dilaniano e comprendo cosa è l’essenza dell’orrendo e dell’ingiusto. Se hai sepolto me, è la terra rimossa che continua a ricoprirmi con le zolle della feroce paura ancorata ad un ieri che non va via né sa dove altro sarebbe bene andare.