Mariella Buscemi – Frasi d’Amore
Stammi legato. Stretto. Asfissiato. In perenne schiavitù. Dominato.Flagellato. Più sotto di un respiro lungo, appena sopra un fiato spezzato. La mia caviglia presa al tuo polso.
Stammi legato. Stretto. Asfissiato. In perenne schiavitù. Dominato.Flagellato. Più sotto di un respiro lungo, appena sopra un fiato spezzato. La mia caviglia presa al tuo polso.
Nelle mie zone d’ombra, imbastisco discorsi e silenzi, tagli, cuciture e feritoie ed insani appelli fatti di richiami estremi alla tua carne che gronda sangue che mi trasuda dai pori, dagli alveoli, mi respira, annaspandomi, soffocandomi, l’ultima sillaba. Sei leggio, il mio tu che si fa pelle e t’inghiottisco, ti deglutisco a forza, costringendoti dentro al petto, per arrivarmi nell’intimità di ogni mia voglia che ti reclama, perentoria. Sei effige sacra e ti prego, Dio mulatto fatto di sesso ed altra brama che mi copia il desiderio e me lo incolla alla tua immagine. Somiglianza del mio divino.
La mia schiena è larga un abbraccio. Con il limite superiore del collo a raccogliere baci in prossimità delle spinte della vena principale. Penetrata dalle scapole alle cartilagini. La tua mancanza è la mia contrattura e le spalle mi perdono di dignità, accasciandosi, quando non mi reggi. Spina dorsale. Che punge. Pelle di petali sfogliati, come ultimi veli. Caduti in terra. Nudità che mi si apre come rosa. E resto vestita di te che ritorni a darmi tono e sostegno, scheletro non di sole ossa, ma carnalità.
T’immagino! Sei gravitazionale sul pensiero, fulcro di ogni mia leva interiore, vettore che mi orienta solo verso te. Sei attrazione! Fisica quantistica di ogni grammo di cuore.
Si deve essere di un altro mondo per toccare i nervi così come li tocchi tu, imprimendo sadiche forme di godimento per l’urto subito e mescolare il male col piacere.
Dimmi che animale sei. Dimmi che animale sono io. Svelami l’orrore che mi attira.
Quando un tocco sembra un’implorazione e le mani tremanti s’accompagnano alla voce incerta, un sussurro ne fuoriesce con la parvenza d’una promessa ed una stretta supera l’abbraccio e fa groviglio attorno al cuore come nuova membrana dove si confondono i battiti, con i margini confusi, indissolubili, ché il mio confine apre breccia per penetrare nel tuo territorio d’amore ed è lì che mi sento con la me più vera padrona a casa tua, perché tu sei la chiave e la porta ed io l’uscio che varchi.
Ho un digiuno che m’arriva alle ossa quando più mi nutri di mancanza, per morire di stenti in punta di cuore. Mi scavi l’ultima carne che rigenera sempre per farti pasto, ché la dipendenza è stretta tra la visione imposta e l’assenza.
Incontrarsi è l’alterità. Confine di mondi, argini d’esistenze coincidenti.
Ci sono mappe, traiettorie e tragitti di carne tra i nei, da tracciare con i soli polpastrelli che superano qualsiasi geografia; meridiani e paralleli di pelle sottile, colline di scapole farsi corso di fiume lungo le vertebre.
Avrei voluto un po’ più di me, stanotte, ma tu mi dimori stabilmente, mi sfolli ed io sono disabitata. Con te dentro e senza le mie mura attorno.
Mi penetri nei tuoi occhi. Ritorno a guardarti con la vista di una vita fa.Chi muore fa finta di non vedersi. Chi non muore, s’acceca. Chi vive, s’unisce gli sguardi.
Ho l’orrore del vacante dentro agli occhi ed artigli di ciglia, così che s’avverta la vertigine del precipizio e la presa di ciò che ghermisce, ferendo, desiderando. E non lascia andare. I voli senz’ali sanno di altitudini che dilatano, ogni parte, a dismisura.
Ho innestato tra le voglie il fermo immagine del profumo d’un fiato, quello che mi si imprime dentro quando restiamo estatici, statici ad ascoltarci l’amore.La non parola sulla sensazione, la pelle sul contatto, gli odori tra i sapori.Diventi calco tre le coste perché io, convessa, possa incastrarmi come pezzo mancante dei tuoi respiri, ché se vengo meno è asfissia, se mi insinuo come piaga tra le carni, ancor prima, come coltello, cercarti in punta, sanguinarti, m’incuneo, pelle di pelle, sottocutanea tra le viscere, spasmo diaframmatico.Lascivia.Stremata, con il fianco sporgente ad attendere la mano, la curva dopo la vita che si distende e protende.Mi guardi il sonno?Custode della mia carne tra i silenzi di ciò che viene dopo.
Il bello dei cuori che sono stati rotti è che quando vivono qualche emozione vera e pura li senti battere contemporaneamente in più punti.
Ci siamo tolti le ipotesi ai dubbi ed è lì che abbiamo preso a dosarci le anime.
Attacco i respiri alla notte e cucio il desiderio a tagli di stoffe che coprono la pelle per non mostrarne l’assurdo bruciore; e si dipana il filo a stringere i punti d’un pensiero sdrucito, a cercare i bottoni del perdono tra le asole delle mie colpe. Sono logora e nuda, e i miei profumi mi espongono al farmi sentire a chi è sazio di odori per inebriarsi.