Violetta Serreli – Frasi Sagge
Non rendersi conto dei propri limiti equivale ad ammettere di essere stupidi.
Non rendersi conto dei propri limiti equivale ad ammettere di essere stupidi.
Cosa, chi, dove. Si corre il rischio di trascorrere una vita intera a chiederci: cosa di noi ci appartiene e cosa di noi riguarda altri, chi è degno di conoscere le nostre lacrime e a chi prestare la maschera di un sorriso, dove piantare una tenda e dove costruire la nostra dimora.
Non misurare il tempo in minuti e in ore ma in battiti d’infinito.
Prudente. Uomo che crede al 10% di ciò che sente, ad un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede.
L’uomo che soffre non ha dimora ne per se, ne per gli altri. Il suo cuore è piccolo come piccolo diviene il suo occhio. Il suo dire è arido com’è arido il suo sentire. L’uomo che soffre, consacra alla vita un ricercatore attento. La sua disperazione è vela che si gonfia al vento della non vita. Scivola lontano nel buio della notte l’attento ricercatore, l’isola a cui tende gli allarga le braccia e le sue coste già appaiono al suo vedere. L’uomo che soffre, coglie il sacro dire del vento e giunge solo all’isola della sua pace.
Non ho il potere né sufficiente autorità per far vedere quello che voglio. E dovrà essere sempre così. Basta riflettere su questo: se non posso sostituire il mio modo di vedere, anche se fosse davvero una verità di parte, con la cultura di uno o di pianeta, Dio può farlo. E quindi, se non posso e non voglio dare influenze, chi si sta mandando a fan culo insieme al Mondo, io oppure Dio? Non c’è nemmeno bisogno di chiedere.
La colpa risuona molto in fretta come un’accusa.
Cosa, chi, dove. Si corre il rischio di trascorrere una vita intera a chiederci: cosa di noi ci appartiene e cosa di noi riguarda altri, chi è degno di conoscere le nostre lacrime e a chi prestare la maschera di un sorriso, dove piantare una tenda e dove costruire la nostra dimora.
Non misurare il tempo in minuti e in ore ma in battiti d’infinito.
Prudente. Uomo che crede al 10% di ciò che sente, ad un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede.
L’uomo che soffre non ha dimora ne per se, ne per gli altri. Il suo cuore è piccolo come piccolo diviene il suo occhio. Il suo dire è arido com’è arido il suo sentire. L’uomo che soffre, consacra alla vita un ricercatore attento. La sua disperazione è vela che si gonfia al vento della non vita. Scivola lontano nel buio della notte l’attento ricercatore, l’isola a cui tende gli allarga le braccia e le sue coste già appaiono al suo vedere. L’uomo che soffre, coglie il sacro dire del vento e giunge solo all’isola della sua pace.
Non ho il potere né sufficiente autorità per far vedere quello che voglio. E dovrà essere sempre così. Basta riflettere su questo: se non posso sostituire il mio modo di vedere, anche se fosse davvero una verità di parte, con la cultura di uno o di pianeta, Dio può farlo. E quindi, se non posso e non voglio dare influenze, chi si sta mandando a fan culo insieme al Mondo, io oppure Dio? Non c’è nemmeno bisogno di chiedere.
La colpa risuona molto in fretta come un’accusa.
Cosa, chi, dove. Si corre il rischio di trascorrere una vita intera a chiederci: cosa di noi ci appartiene e cosa di noi riguarda altri, chi è degno di conoscere le nostre lacrime e a chi prestare la maschera di un sorriso, dove piantare una tenda e dove costruire la nostra dimora.
Non misurare il tempo in minuti e in ore ma in battiti d’infinito.
Prudente. Uomo che crede al 10% di ciò che sente, ad un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede.
L’uomo che soffre non ha dimora ne per se, ne per gli altri. Il suo cuore è piccolo come piccolo diviene il suo occhio. Il suo dire è arido com’è arido il suo sentire. L’uomo che soffre, consacra alla vita un ricercatore attento. La sua disperazione è vela che si gonfia al vento della non vita. Scivola lontano nel buio della notte l’attento ricercatore, l’isola a cui tende gli allarga le braccia e le sue coste già appaiono al suo vedere. L’uomo che soffre, coglie il sacro dire del vento e giunge solo all’isola della sua pace.
Non ho il potere né sufficiente autorità per far vedere quello che voglio. E dovrà essere sempre così. Basta riflettere su questo: se non posso sostituire il mio modo di vedere, anche se fosse davvero una verità di parte, con la cultura di uno o di pianeta, Dio può farlo. E quindi, se non posso e non voglio dare influenze, chi si sta mandando a fan culo insieme al Mondo, io oppure Dio? Non c’è nemmeno bisogno di chiedere.
La colpa risuona molto in fretta come un’accusa.