Flaminia Momigliano – Felicità
Quando la felicità si può chiamare veramente tale? Quando calma interiore e gioia esteriore si congiungono senza produrre eccessi.
Quando la felicità si può chiamare veramente tale? Quando calma interiore e gioia esteriore si congiungono senza produrre eccessi.
Quando avevo cinque anni, mia madre mi ripeteva sempre che la felicità è la chiave della vita. Quando andai a scuola, mi domandarono come volessi essere da grande. Io scrissi “felice”. Mi dissero che non avevo capito il compito, e io dissi loro che non avevano capito la vita.
Sorridere non significa essere “felici”. Ci sono sorrisi che nascondono “cicatrici”.
Come può un cattivo inizio garantire una buona fine?
L’essere umano è fatto così: capace di soffrire per quello che gli manca e incapace di gioire per quello che ha.
Nel passato è racchiuso un tesoro. Non bisogna però limitarsi alla nozione storica, ma applicarlo costantemente nel nuovo.
Quando siamo stati pensati qualcosa deve essere andato storto: quel non capire quanto è importante qualcosa finché non c’è più. Quel non rendersi conto di quanto valga quella persona, quella sensazione, quel “sentirsi così” finché non se ne va e concentrarsi invece su qualcosa che non c’è e vorremmo avere, salvo poi normalizzarlo quando si ha. Quasi ogni sera faccio il gioco delle cose belle che ho: mi aiuta a guardare le cose da una migliore prospettiva. Mi aiuta a essere una persona serena e lontana dal pendolo che sembra scandire la vita di tanti tra il dolore di non aver qualcosa e la noia di averlo raggiunto.