Gabriel García Márquez – Libri
L’ispirazione non da preavvisi.
L’ispirazione non da preavvisi.
“Dai, salta in piedi, piccola” le disse Iral quasi ridendo.”Sto bene qui” rispose lei guardando l’orologio e poi il suo re “e non è l’ora di alzarsi! Mi sono appena addormentata.””Puoi fermarti a dormire nella mia stanza ancora per un po’.” Disse Iral.Niall le porse la mano: persino infuriato era un gentiluomo.A malincuore la ragazza accettò la sua mano e si alzò. Vedendola vestita, il re delle tenebre fu colto da un’evidente confusione. Ani si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio: “Credimi, ci ho provato, ma non c’è stato verso…”
Si appoggiò a me e, quando chiusi gli occhi, capii che tutto quello che desideravo era tenerla tra le mie braccia per sempre.
Entrate nelle biblioteche ogni tanto, i libri non vi mangiano: siamo noi che mangiamo i libri.
Io so e ho le prove. Io so come hanno origine le economie e dove prendono l’odore. L’odore dell’affermazione e della vittoria. Io so cosa trasuda il profitto. Io so. E la verità della parola non fa prigionieri perché tutto divora e di tutto fa prova. E non deve trascinare controprove e imbastire istruttorie. Osserva, soppesa, guarda, ascolta. Sa. Non condanna in nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. Nessuno si pente. Io so e ho le prove. Io so dove le pagine dei manuali d’economia si dileguano mutando i loro frattali in materia, cose, ferro, tempo e contratti. Io so. Le prove non sono nascoste in nessuna pen-drive celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in garage nascosti in inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussurra: “È falso” all’orecchio di chi ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità.
Lui – Dove sono gli occhi tuoi neri,e il profilo tuo da Dea,mi consumo nell’idea,di poterli riveder.Lei – Sono azzurri ora i miei occhi,poiché ho le lenti a contatto,ed il naso l’ho rifatto,deh riconoscimi o mio amor.Lui – Piû non vedo la tua boccapiccolo biocciolo di rosache baciavo voluttuosa.E il tuo virginale senoche tenevo in una manoor mi sembra assai più grandequattro volte crebbe almeno.Lei – Oh mi turba quel ricordoma son io sempre la stessala mia bocca è un po’ più grossaed il seno mio trabocca.Mi cambiò il siliconema non cambiò mai la mia passione.[cantano] Oh, il nostro amor non invecchierà [maie insieme a lui non invecchieremo noianche se non so più chi sonoe non so più chi tu sei.Lei – Il to cuore batte in petto,del tuo ardore sento il suonoma non riconosco il toccodella tua virile mano.Lui – Il mio cuore vecchio e stancosubì un abile trapiantoe la mano non è miaè sintetica, è una protesi.Fu recisa in un duellonel giardin di Fontainebleauun chirurgo la riattaccò.Lei – Oh destino sciaguratocosì tanto ci ha cambiato.Aspettando in speme e piantoanch’io subii un trapiantoe cambiai tre volte sesso,ma il mio amore per te è lo stesso.Lui – Oh destino sciaguratocosì tanto ci ha mutato.Più nasconderlo non possoti dirò la verità.Il tuo amore no, non sonoIl tuo amor morì soldatoma una goccia del suo sanguefu clonata ed io son natocopia esatta e replicantedel tuo antico dolce amante.E l’amor restò ugualenon respingermi anche seio non son l’originale.Lei – Questa verità segretail mio cuore indora e allietaNeanch’io son la tua amatama una copia assai riuscita.Lei la tisi consumòio polmoni non ne ho.O mio ben fai ciò che vuoicon i materiali miei.Il mio cuore tuo saràai voleri tuoi mi arrendoio ti giuro fedeltàecco il mio telecomando.[insieme] il nostro amor non invecchierà maie insieme a lui non invecchieremo noi.[lei inizia a perdere la voce, come se le si scaricasse la pila, come un disco a trentatré giri]Lui – Mimì… Violetta [al pubblico] la pila non le lascia… che poche ore…Lei – Amore… muoio… mi scarico… maledetti!Povera vita mia,ero ancora in garanzia.Dal Libro Le Beatrici.
Ed eccomi subito a pregarla: legga il meno possibile testi di critica estetica; sono o congetture faziose, fossilizzate e oramai prive di senso nel loro rigore senza vita, oppure abili giochi di parole, in cui oggi prevale una opinione e domani quella opposta. Le opere d’arte sono di una solitudine infinita, e nulla può raggiungerle meno della critica. Solo l’amore le può afferrare e tenere e può essere giusto verso di loro. Dia ogni volta ragione a se stesso e al suo sentimento, contro ognuno di quei dibattiti, commenti o introduzioni; e se pure dovesse avere torto, la naturale crescita della sua vita interiore la guiderà a poco a poco e col tempo verso altre intuizioni. Lasci ai suoi giudizi il loro quieto e indisturbato sviluppo, che, come ogni progresso, deve venire dal profondo, e non può essere in alcun modo incalzato o affrettato. Tutto è condurre a termine e poi partorire. Lasciare che ogni impressione e ogni germe di un sentimento si compia tutto dentro, nell’ombra, nell’indicibile e inconscio e inattingibile alla propria ragione, e con profonda umiltà e pazienza attendere l’ora della nascita di una nuova chiarezza: questo solo significa vivere d’artista: nel comprendere come nel creare.Qui non serve misurare con il tempo, a nulla vale un anno, e dieci anni non son nulla. Essere artisti significa: non calcolare o contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l’ansia che dopo possa non giungere l’estate. L’estate giunge. Ma giunge solo a chi è paziente e vive come se l’eternità gli stesse innanzi, così sereno e spensierato e vasto.