Carlo Dossi – Libri
Un libro indegno di essere letto una seconda volta è indegno pure di essere letto una prima.
Un libro indegno di essere letto una seconda volta è indegno pure di essere letto una prima.
Spike so di aver detto cose che possono esserti sembrate dure, ma lui non era così male! Lui… Tu hai salvato le nostre vite, in più di un’occasione. Sei stato attento a Dawn. Tu mi amavi.
Tutti i migliori libri hanno una trama che pochi riescono a capire.
Le parole ci tradiscono, non riescono mai a trasmettere assolutamente quello che vogliamo dire. Ma anche noi le tradiamo, dovremmo riuscire a dire quello che dobbiamo dire.
I miei vecchi nemici non mi hanno battuto: questo, anzi, sarebbe il momento preciso di vendicarmi sui loro discendenti. Potrei farlo, nessuno potrebbe impedirmelo… Ma a che scopo? Non ho voglia di colpire. Non mi sento neppure di alzare una mano. Si direbbe che io abbia lavorato tutti questi anni solo per far mostra, in ultimo, di un bell’esempio di magnanimità. Ma non è così, no: è che ho perduto la facoltà di godere della loro distruzione, e son troppo pigro per distruggere senza motivo.
Così, senza saperlo, ereditiamo l’incapacità verso la tragedia, e la predestinazione alla forma minore del dramma: perché nelle nostre case non si accetta la realtà del male, e questo rinvia all’infinito qualsiasi sviluppo tragico innescando l’onda lunga di un dramma misurato e permanente – la palude in cui siamo cresciuti. È un habitat assurdo, fatto di dolore represso e quotidiane censure. Ma noi non possiamo accorgerci di quanto sia assurdo perché come rettili di palude conosciamo solo quel mondo, e la palude è per noi la normalità. Per questo siamo in grado di metabolizzare incredibili dosi di infelicità scambiandole per il doveroso corso delle cose: non ci sfiora il sospetto che nascondano ferite da curare, e fratture da ricomporre. Allo stesso modo ignoriamo cosa sia lo scandalo, perché ogni eventuale devianza tradita da chi ci sta attorno la accettiamo d’istinto come un’integrazione solo inattesa al protocollo della normalità.
Tradizionalmente, perciò, il termine vita activa riceve il suo significato della vita contemplativa; la sua limitatissima dignità le è conferita dal fatto che essa serve la necessità e il bisogno di contemplazione in un corpo vivente.