Monica Cannatella – Luoghi comuni
Ho molti difetti ma ho anche un unico grande pregio, riesco sempre a perdonare e dimentico facilmente il male che mi viene fatto.
Ho molti difetti ma ho anche un unico grande pregio, riesco sempre a perdonare e dimentico facilmente il male che mi viene fatto.
Siediti! Raccontami di quello che provi davanti alla sordità di chi ti ascolta, della tua voglia di piangere quando rimangono muti davanti al tuo continuo chiedere, della voglia che hai di prendere a calci questo mondo. Raccontami dei tuoi pianti silenziosi e segreti, quei pianti urlati contro un cuscino per non far sapere che ti hanno ferita, illusa, uccisa. Parlami anche dei tuoi sogni, quelli segreti. Quelli che nessuno sa, nessuno ascolta, nessuno vede. Del tuo continuo imbarazzo per quell’ignoranza a cui la povertà ti ha costretta. A me puoi raccontare quello che ti pare, “Io” so ascoltare, io posso capire”.
Non fare mai una promessa se non sei in grado di mantenerla.
Perché per una donna le parole hanno un peso, non sono leggere come per un uomo. Una donna ci crede alle parole, sopratutto quando è un uomo a pronunciarle, solo a lei.
I fatti sono la cosa più testarda del mondo.
Ho sognato che mi stringevi forte mamma, che con la tua dolce voce mi cantavi una ninna nanna. Ho sognato di avere freddo, e tu correvi a scaldarmi. Poi ho immaginato: chissà come sarebbe stata bella la nostra vita insieme, quante cose mi avresti insegnato. Penso che tu mamma, ti saresti commossa nel sentirmi pronunciare il tuo nome per la prima volta, e papà avrebbe sorriso nel vedermi tirare la pappa. Non lo so chi mi avrebbe sorretta durante i miei primi passetti, ma sono sicura che, entrambi, vi sareste preoccupati di tenere saldamente le mie manine, e di sorreggermi ogni volta che vacillavo. Se avessi avuto la possibilità di rimanere, mi sarebbe piaciuto tanto studiare. Sarei potuta diventare avvocato, l’idea di difendere i deboli mi piaceva tanto. Magari sarei diventata un architetto, così avrei progettato case per darle a chi non ne ha. Sai mamma, magari sarei diventata un medico. Quante vite avrei potuto salvare, se tu non me lo avessi impedito, se non mi avessi gettata via in quel cassonetto. Ti avevo fatto un dono mamma, e tu non l’hai apprezzato. Sai, i bambini non chiedono mai di venire al mondo, ma sperano tanto che questo accada. Ma poi, si rendono conto che la vita è ingiusta! Ti sei persa tanto amore mamma. Ti sei persa me. Quanto egoismo mamma, tu non mi hai voluta, ma questo non ti dava il diritto di uccidermi. Avresti potuto lasciare a qualcun’altra la possibilità di farmi conoscere il mondo e la vita, era tuo dovere lasciare che io potessi conoscere e imparare cosa vuol dire amore e famiglia. Lo sai mamma, sono arrabbiata, e credo di averne tutto il diritto! Ma adesso io sono un angelo tra gli angeli, e tu, dovrai convivere a vita con il rimorso di non sapere mai quanto vi avrei reso fieri di me.
A che serve correre dietro a un sogno se poi non lo si raggiunge mai? Perché ci si innamora sempre di qualcuno che è innamorato di qualcun’altra? Come si può dire di essere vivi quando non si è mai vissuto? Forse troverò le risposte rincorrendo un sogno che non è il mio, amando qualcuno che non mi ama, e vivendo una vita che infondo poi, se cosi crudele, tanta vita non è!