Susan Randall – Tristezza
Mi hai regalato una rosa, ma avevi dimenticato di toglierne le spine, il bocciolo si è aperto, i petali son caduti, le spine son rimaste.
Mi hai regalato una rosa, ma avevi dimenticato di toglierne le spine, il bocciolo si è aperto, i petali son caduti, le spine son rimaste.
Le parole non finiscono mai. Finisce la voglia di dirle, di ripeterle, per l’ennesima volta.
Quando ti aggrappi alla speranza, tutto il tuo essere si attiva perché ciò che speri ti sia concesso; tutto l’universo partecipa a che tu non sia deluso; Dio non può spegnere quella che è la scintilla di se stesso nell’uomo.
Non mi sento diversa perché io sono unica, nel bene e nel male io resto sempre io. Io nel mio essere unica!
Chi sta peggio di colui che è triste? Colui che si è abituato alla tristezza.
Non abbiamo alcun potere sugli altri, né su noi stessi. Adesso abbiamo la vita e fra un attimo potremmo non averla, indipendentemente dal fatto che lo decidiamo noi o chissà chi… c’è un disegno, che non ci è concesso vedere, secondo il quale potremmo vivere 100 anni o schiantarci contro un’auto che ci taglia la strada all’improvviso. Niente e nessuno è eterno su questa terra, niente di fisico… di materiale… ma il modo di essere non è proprio del corpo, quello è una caratteristica dell’anima e in qualunque posto ora tu sia l’hai portato con te, lasciando in noi un dolce e triste ricordo… Ciao Fabrì!
Anche se nella vita tutto passa, e noi cambiamo, tutto resta un ricordo che mai dimentica!