Annamaria Crugliano – Verità e Menzogna
Ho detto quello che voglio… appunto non sono te!
Ho detto quello che voglio… appunto non sono te!
Metti pure le mani avanti, almeno avrai qualcosa che ti ripara quando le tue menzogne si scontreranno con la sincerità.
Ho ascoltato fin troppe bugie da alcune persone, ma così tante che il mondo l’ho visto sotto una forma diversa. Ho capito che le cose vanno bene e si devono accettare, perché ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma solo quando la cosa si riferisce a se stessi. Perché se la cosa la ricevono non va più bene! Ho aperto gli occhi su molte persone e ho capito finalmente che l’unica cosa che conta è cosa voglio io… Il resto dopo e se mi avanza tempo.
Una bugia detta a fin di bene, è meglio di una mezza verità.
Siamo tutti consapevoli che non esiste la perfezione e se appare è falsa, poiché essa esiste solamente nell’imperfezione.
Non si conosce abbastanza tutto il male che una sola parola può fare a sè e agli altri: male quasi sempre irreparabile.
C’era un cane alla fermata del l’autobus era basso nero, aveva una malattia “leccata”, ma non per questo non era fiero dell’ultima parte di pelo che gli era rimasta. Certo era un cane di razza, aveva sul muso una striscia bianca dritta come una linea pedonale. Il suo sguardo attraversava la strada, sembrava desideroso di raggiungere l’altro capo, le sue orecchie da cucciolo ascoltare il cinguettio di qualche passerotto su un ramo come fosse una ninna nanna. Se ne stava là disteso mai stanco di aspettare, un padrone invisibile scendere dal bus, nella convinzione che da lì ne sarebbe scesa la sua carezza.
Metti pure le mani avanti, almeno avrai qualcosa che ti ripara quando le tue menzogne si scontreranno con la sincerità.
Ho ascoltato fin troppe bugie da alcune persone, ma così tante che il mondo l’ho visto sotto una forma diversa. Ho capito che le cose vanno bene e si devono accettare, perché ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma solo quando la cosa si riferisce a se stessi. Perché se la cosa la ricevono non va più bene! Ho aperto gli occhi su molte persone e ho capito finalmente che l’unica cosa che conta è cosa voglio io… Il resto dopo e se mi avanza tempo.
Una bugia detta a fin di bene, è meglio di una mezza verità.
Siamo tutti consapevoli che non esiste la perfezione e se appare è falsa, poiché essa esiste solamente nell’imperfezione.
Non si conosce abbastanza tutto il male che una sola parola può fare a sè e agli altri: male quasi sempre irreparabile.
C’era un cane alla fermata del l’autobus era basso nero, aveva una malattia “leccata”, ma non per questo non era fiero dell’ultima parte di pelo che gli era rimasta. Certo era un cane di razza, aveva sul muso una striscia bianca dritta come una linea pedonale. Il suo sguardo attraversava la strada, sembrava desideroso di raggiungere l’altro capo, le sue orecchie da cucciolo ascoltare il cinguettio di qualche passerotto su un ramo come fosse una ninna nanna. Se ne stava là disteso mai stanco di aspettare, un padrone invisibile scendere dal bus, nella convinzione che da lì ne sarebbe scesa la sua carezza.
Metti pure le mani avanti, almeno avrai qualcosa che ti ripara quando le tue menzogne si scontreranno con la sincerità.
Ho ascoltato fin troppe bugie da alcune persone, ma così tante che il mondo l’ho visto sotto una forma diversa. Ho capito che le cose vanno bene e si devono accettare, perché ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma solo quando la cosa si riferisce a se stessi. Perché se la cosa la ricevono non va più bene! Ho aperto gli occhi su molte persone e ho capito finalmente che l’unica cosa che conta è cosa voglio io… Il resto dopo e se mi avanza tempo.
Una bugia detta a fin di bene, è meglio di una mezza verità.
Siamo tutti consapevoli che non esiste la perfezione e se appare è falsa, poiché essa esiste solamente nell’imperfezione.
Non si conosce abbastanza tutto il male che una sola parola può fare a sè e agli altri: male quasi sempre irreparabile.
C’era un cane alla fermata del l’autobus era basso nero, aveva una malattia “leccata”, ma non per questo non era fiero dell’ultima parte di pelo che gli era rimasta. Certo era un cane di razza, aveva sul muso una striscia bianca dritta come una linea pedonale. Il suo sguardo attraversava la strada, sembrava desideroso di raggiungere l’altro capo, le sue orecchie da cucciolo ascoltare il cinguettio di qualche passerotto su un ramo come fosse una ninna nanna. Se ne stava là disteso mai stanco di aspettare, un padrone invisibile scendere dal bus, nella convinzione che da lì ne sarebbe scesa la sua carezza.