Arrivi con impeto, senza permesso; riemergendo d’improvviso in una memoria lasciata altrove, in notti silenti di una terra annientata e fucili stanchi; quando quel fastidio nella pancia accompagnava piccole gocce di sudore freddo, e cercava i tuoi occhi, in ogni uomo che avesse barba e scarponi sporchi; eri riparo. Riparo. Perché è istinto; quella cosa, marchiata nel sangue; che ci fa dire “mamma” quando uno spasmo coglie impreparati. Mamma come Dio, o Padre come cielo; o chissà cos’altro. Una voglia di intimità con se stessi. Come la Fede; come un plaid col quale avvolgersi, quanto basta per sentirsi al sicuro; dove è sufficiente che lo sguardo fissi terra o cielo, e lasciar parlare quel che siamo; e arriva quel desiderio di carezze da mani buone, paterne, più forte di qualunque vento. E oggi lo sguardo è altrove; guarda rive bagnarsi e ne ascolta il rumore. Osserva piccole gambe che corrono e piccole mani che cercano. È vita che cresce. Mi lascio trovare; avvolgere, come quel plaid. E voglio fare un po’ di posto anche a te. Un modo come un’altro per perdonarsi; per assolverti. Tu ora sei suo; e Lei non assolve mai nessuno; ma prova ad accompagnarmi lo stesso. E tutte le volte che Vita mi guarderà e la sua mano mi cercherà, Io ti perdonerò.