Maicol Cortesi – Arte
Se una macchina fotografica cattura un lungo istante, la coscienza ne cattura l’intera esistenza dell’universo.
Se una macchina fotografica cattura un lungo istante, la coscienza ne cattura l’intera esistenza dell’universo.
Forse, pensò, la radice d’ogni arte, e fors’anche d’ogni spirito, è la paura della morte. Noi la temiamo, abbiamo orrore della caducità, vediamo con tristezza i fiori appassire e le foglie cadere e sentiamo nel nostro cuore la certezza che anche noi siamo caduchi e presto avvizziremo. Se dunque come artisti creiamo figure o come pensatori cerchiamo leggi e formuliamo pensieri, lo facciamo per salvare qualche cosa della grande danza macabra, per stabilire qualche cosa che abbia una durata più lunga di noi stessi.
L’artista senza la sua musa non può essere definito tale. È come un fiore che viene cresciuto in un prato e poi messo in una cupola sotto vetro: manca aria, manca il respiro a quel fiore, così l’artista. La musa è l’aria che lo fa respirare, l’acqua che lo disseta, il fuoco che alimenta la sua passione e la terra che lo fa rimanere ben saldo in piedi. La musa è lo spirito da cui nascono tutte le opere. Senza la musa l’artista non vale niente, è solo polvere e vuoto. Il vuoto che lascia la musa, non può che essere colmato solo dalla musa.
Non sono le galassie che si allontanano ma è il gas che si espande.
Il pittore anima ciò che tocca con il suo pennello.
La delicatezza è in realtà una sorta di lettura del pensiero.
Non è la macchina fotografica che fa lo scatto.