Richard Dawkins – Ateismo
Non bisogna scusarsi di essere atei. Bisogna, al contrario, andarne fieri, a testa alta, perché “ateismo” significa quasi sempre sana indipendenza di giudizio e, anzi, mente sana tout court.
Non bisogna scusarsi di essere atei. Bisogna, al contrario, andarne fieri, a testa alta, perché “ateismo” significa quasi sempre sana indipendenza di giudizio e, anzi, mente sana tout court.
Il cattolico medio è un “eterno peter pan” che, pur sapendo di far parte di una religione che pone dei limiti alla sua libertà, pretende di fare il cazzo che gli pare, tirando in ballo la scusa del “siamo tutti peccatori”. La libertà è una cosa seria: se volete averla, non mettetevi nella posizione di dover rispettare regole che la limitino. Si chiama coerenza, sapete.
Un ateo che si vanta di esserlo non è per nulla diverso da un credente…
Se proprio esistesse, vorrei un Dio con la d maiuscola.
Non c’è in fondo che una definizione valida: l’ateo è un credente divenuto adulto.
Ci sono due facce del non credere in Dio. La prima è il vero ateismo, non credere che ci sia qualcosa di più grande di noi, la seconda è il non credere a tutti quelli che dicono di parlare per mezzo di Dio, dicono che dobbiamo donare quel poco che abbiamo mentre loro sono così ricchi da sfamare migliaia di persone per chissà quanti anni, questa è ipocrisia ed io non la accetterò mai.
I credenti non vogliono mettersi in testa che i figli devono essere lasciati liberi, solo senza subire influenze potranno scegliere consapevolmente la propria religione, invece fin da piccoli vengono condizionati, con la conseguenza che spesso un cristiano diventa tale solo perché nasce per puro caso in una famiglia cristiana.