Angela Mori – Tristezza
Dovremmo vivere per elargire amore, no per macchiare il nostro cuore d’odio e di dolore.
Dovremmo vivere per elargire amore, no per macchiare il nostro cuore d’odio e di dolore.
Gireremo come gli psicopatici in una notte fredda e triste come il cuore di chi ama la persona sbagliata.
Quando il mondo ti volta le spalle e le persone che credevi amiche scompaiono, tu cresci, imparando che in fondo ognuno deve bastarsi da sé, se vuole sopravvivere.
Quando la vita diventa triste, ci appare in tutta la sua realtà.Scopriamo di essere deboli e incapaci e versiamo lacrime amare.Eppure, senza tutta quella tristezza, non avremmo compreso che dal sacrificio nasce la gioia di considerare una grande grazia: sopportare una prova che sembrava molto al di sopra delle nostre forze!Realizzeremo solo allora di saper combattere la battaglia con il nostro io e di poter vincere quella parte di noi stessi che ci fa paura e che rema contro quel desiderio di volare più su, più in alto di ogni incertezza!
Il mio cuore, ogni tanto, si ammala: è la malattia dei ricordi.Perché per un attimo, il mio cuore si voleva voltare e riabbracciare il passato.
ViaggioBinario 4. Trentasette minuti di ritardo per un treno che deve arrivare alla fine d’Italia. Si muove da Roma che fa un freddo da lupi e poi scende fino all’equatore.Parto ancora. Scappo via da questa città per niente musicale, piena di air-bag che non funzionano, e tu stai lì e ti dici che prima o poi attutiranno l’urto, ma non ci credi neanche un po’ mentre tenti di continuare ad usarli e ti fai male.Sono riuscita a compattare la mia vita con te in una palla di vestiti sporchi e una di biancheria, le ho ficcate nel trolley che mi hai regalato rosso, perché così potevi usarlo anche tu. A dire la verità questa valigia non è solo di un brutto colore, è pesante e non riesco a tirarla su, per fortuna mi aiuta un ragazzo col cappello, che, nonostante la difficoltà, non lascia neanche per un attimo la bottiglia di cocacola; accanto a lui una ragazza che sembra uscita dalle pagine di Cosmopolitan, sono sicura che se si mettesse a parlare inglese mia nonna saprebbe fare di meglio. Lei ha fatto pure la guerra, è una persona in gamba.Quanto è bello pensare di arrivare e trovare lei, sentirsi abbracciare e vergognarsi di quella lacrima che esce a tradimento. Nonna non lo sa che sono partita per te, per un uomo che mi ha giurato di non poter sopravvivere senza di me e il giorno dopo mi ha mollata, perché la mia assenza lo faceva sentire più leggero.Forse avrei dovuto buttarmi sulla Palmiro Togliatti e far vedere a tutti quanto era grande il sentimento per te. Ti sarebbe piaciuto, vero?Canzone delle vanità, niente ci resta, ma almeno avresti avuto una dedizione d’amore assoluta.Come mio nonno, che non può camminare e chiama mia nonna dal letto e grida: – Giuditta! Giuditta!E nonna corre come questo treno che sfreccia vicino all’acquedotto romano in rovina. Quello è amore: la follia di una dedizione totale che ti fa superare tutto, anche le tue difficoltà fisiche. Spesso, quando ti giravi nel letto accanto a me, ho pensato che volessi la stessa cosa, ma ho proiettato su di te un desiderio soltanto mio.Avrei dovuto urlare, mettermi a buttare le tue cose dal balcone, il rasoio, il pigiama, e magari colpire qualcuno che guardava le vetrine di quei sei negozi che stanno lì sotto, forse anche rompere i vetri della finestra, macchiarmi le mani di sangue, sfigurarmi il volto. Invece ti ho semplicemente detto: – Va bene. Ciao.Mi accorgo di essere arrivata a Napoli. Un venditore urla: – Pizza, panini, caffè, birra, acqua!Girerà per tutto il treno, ne saliranno altri cinque, ognuno venderà blocchi per scrivere, cd, sfogliatelle e così via, fino a Salerno, poi ritorneranno al capoluogo.Non focalizzo, continuo a pensare a ieri, al dolore che non ho sentito, nel mio sterno ho solo avvertito un tonfo, come di un portafoto che cadeva. Forse era una fotografia che non sarebbe dovuta essere scattata, come quando in un film viaggi indietro nel tempo e i personaggi delle foto svaniscono nel nulla. Mi perdo in un cruciverba avvizzito, cinquecento giochi per un euro e venti, definizioni strane come “al centro del cuore”. Nei quadratini il tuo nome non c’entra, forse è un segno del destino. Dovrei trovare un fidanzato col nome di tre lettere o smettere di metterli al centro del mio cuore.Cerco di rilassarmi mentre il treno riparte e mi sembra anche questa volta di tornare verso Roma. Napoli centrale è un insieme di binari morti, come la maggior parte di quelli delle stazioni di una grande città. Ma tu, che in posto come Roma ci sei nato e cresciuto non puoi capire che significa prendere un treno al volo perché rimane fermo in stazione un minuto e mezzo e poi non lo riacchiappi più. Nonna mi raccomandava sempre di andare in anticipo.Ero così concentrata sul cruciverba che non mi ero accorta del mare. Da quanto non lo vedevo! Ascolto il mio cuore che ricomincia a battere. Non esiste dolore che qualcuno mi possa procurare che la mia terra non possa guarire.Prendimi in giro quanto vuoi per i miei scritti da emigrante, da studentessa universitaria che ti dice che non capisci cosa vuol dire vivere senza nessuno. Senza nonna che ti mette le lenticchie cucinate sui gradini della scala. Il tuo “non ti amo più” questo non lo può cancellare.Di nuovo montagna, pioggia.Una volta sono salita a Roma con la macchina e a Lago Negro nevicava, un nevischio leggero per la verità, la neve fatta per bene non l’ho mai vista.Vibo Pizzo, altre tre ore, se mi va bene, e sono arrivata. Non riesco a staccare il mio pensiero da ieri sera, da quell’addio calmo e feroce. Campeggia nella mia mente come gli inglesi dal cappotto lungo e le scarpe da tennis bianche.Ecco lo stretto… Mio Dio, che meraviglia! Ormai è sera, è tutto viola e Messina sembra volersi tuffare nella striscia di mare che ci separa. Le lampare si accendono lentamente come stelle in un firmamento d’acqua e anche l’intercity non corre più, pare che rispetti il mio ritorno a casa.Otto ore di viaggio e nemmeno mi hai chiamata, almeno sei stato sincero dicendomi di non amarmi più ma non mi lamento per me, potevi telefonare per nonna almeno, che non ha fatto altro che sgranare rosari da quando ti sei messo a cercare lavoro. La cosa che mi fa male però non sei tu, nel mio cuore sei già morto da un pezzo, per quanto sia orribilmente doloroso sentire la fine di una parte di te stessa, tenere dentro un aborto che non sai se il tuo corpo espellerà da solo. Il problema non sei tu. Il dramma è che arriverò a casa e nonna non sarà sulla porta a rendere la mia vita antica e nuova nello stesso tempo e io, per stare dietro ai tuoi desideri, ho perso tutto questo senza preavviso… Ti strapperò dal mio dentro sconfinato e cercherò la morte con questa emorragia di dolore. Si, giusto morire, come te… come nonna.
Riconosce la propria tristezza colui che è stato felice almeno una volta.