Anonimo – Filosofia
È così tardi che è già domani.
È così tardi che è già domani.
Appena ti ho parlato mi hai dato un’emozione e appena ho capito di amarti mi hai dato una gioia, ma è scomparsa appena ho capito di non poterti avere.
Ho ascoltato il rumore e il silenzio parlare nel tempo… ho sognato il tuo viso…
“Io e te, per sempre” No, niente è per sempre, tutto è destinato a finire, tutti moriranno prima o poi.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
Un figlio è un eterno bambino.
Quando morirò voglio andare all’inferno, perchè con te sono già stato in paradiso…