Asia Paglino – Libri
Mettiamo le parole tra virgolette per farle sembrare più o meno importanti?
Mettiamo le parole tra virgolette per farle sembrare più o meno importanti?
I venti non si sa mai quando arrivano, come arrivano. Sono improvvisi e inspiegabili come i moti del cuore. Un istante prima sei calmo, sei sereno ed ecco che ti senti addosso un’agitazione, una frenesia… i venti cambiano cose che eran lì immutate da sempre: spiagge, boschi, ghiacciai. Abbiamo forse anche noi dei venti nel cuore? Qualcosa che quando arriva è più forte di tutti e non vuol sentire ragioni? È così, pensai, che si diventa pazzi? È così che appare di schianto una verità che non conoscevi e non volevi conoscere?Avevamo già letto quel brano a scuola, ma allora non avevo pensato al vento. Lì, in mezzo a quel turbinio, a quel vocio, a quello strusciare angoscioso dell’aria sui muri, lo vidi, il vento, quello che una volta nella vita entra nel cuore di un uomo e glielo sconquassa. Fuori era tutto un ululato. E così nel cuore di quel bandito (o era un bravo?, non ricordavo) che voleva suicidarsi. La pistola ci aveva impressionati tutti in classe: chissà se avrebbe tirato o no il grilletto, ci chiedevamo. Ma adesso capivo. C’era troppo vento dentro di lui perché lo tirasse. E un vento che non è come un libeccio: quando arriva non è mai per caso, non è mai senza un perché…(…) e poi quando il vento s’attenuta, si placa, ti guardi intorno e vedi che tutto è stato sconvolto, che tutto è mutato, irriconoscibile. L’albero pende spezzato, le pietre sono rotolate via, i vetri infranti, i vasi dei fiori in cocci, la fontana zeppa di rami e foglie. Ti volgi intorno e c’è una luce mai vista, spettrale, come se il mondo ricominciasse da lì e tutta quella rovina fosse stata necessaria. I venti dell’anima portano qualcosa come questa luce, ma prima devono trascinarti giù, più giù, perché senza fine non c’è inizio.
“Ora, Ampelio, secondo lei io mi metto a parlare del caso qui, al bar, di fronte a tutto il paese?”. “Come, tutto il paese? Ci siamo solo noi quattro”. “Appunto” confermò la commissaria.
La mente ti mente improvvisamente e le strade che c’erano ieri non sono più niente.
“Di qualunque cosa si trattasse,” disse il macchinista nel silenzio, “era grande. Gli è calato addosso come un fottuto pipistrello gigantesco”.
Feci un sospiro di sollievo. La rabbia era ciò che desideravo sentire: la prova falsa e prefabbricata che era preoccupato per me, un regalo ambiguo del mio subconscio.
Cos’è quella sensazione che si prova quando ci si allontana in macchina dalle persone e le si vede recedere nella pianura fino a diventare macchioline e disperdersi? È il mondo troppo grande che ci sovrasta, è l’Addio. Ma intanto, ci si proietta in avanti verso una nuova, folle avventura sotto il cielo.