Barbara Brussa – Stati d’Animo
E al mattino rinascono leggere farfalle, pronte ad andar giù pesante per rompere i vetri alle finestre dell’ipocrisia.
E al mattino rinascono leggere farfalle, pronte ad andar giù pesante per rompere i vetri alle finestre dell’ipocrisia.
Io sono il risultato di tutti quegli ingredienti sbagliati che poi alla fine ti rendi conto che non è venuta poi cosi male anzi ti accorgi di aver fatto qualcosa di buono.
Il mio respiro è un’altalena nel vento, oscillante tra un affanno e un sospiro.
Si pensa che attraversare il “grande freddo” sia un viaggio come un altro. Che quel “biglietto” di sola andata non faccia paura. Si pensa di non avere bisogno di niente e di nessuno. Ma si sbaglia, sai? Si viaggia da soli in mezzo al freddo, nascono le paure che non sapevi di avere. Le certezze vanno a farsi “fottere”. E tutto è così maledettamente difficile e complicato. La speranza di un po’ di pace non ti basta, non sazia la tua consapevolezza del dopo, perché di “quel dopo” non sai che fartene. Quel salto di “dimensione” è un salto così difficile da compiere, anche con “la freddezza della serenità”. E non ti basta neppure credere in Dio, o sperare che ci sia un Dio ad accoglierti alla fine di quel viaggio, per renderlo un “viaggio accettabile”. Perché “quella fermata” non è accettabile. E quel cuore sterile vorrebbe battere di nuovo.
L’urlo dell’assenza è un’enfasi d’appartenenza.
Non c’è più cieco di chi non vuol vedere.
Ci sono cose che spesso non possiamo fare e di solito sono le più importanti.