Bernardo Panzeca – Figli e bambini
A un bambino puoi raccontare tutte le bugie di questo mondo tranne che la luna sia un satellite che gira attorno alla Terra. Dopo aver conosciuto la propria mamma non crederebbe mai a una tale fandonia.
A un bambino puoi raccontare tutte le bugie di questo mondo tranne che la luna sia un satellite che gira attorno alla Terra. Dopo aver conosciuto la propria mamma non crederebbe mai a una tale fandonia.
È brutto mettere al mondo un figlio per poi non vederlo crescere nonostante sia ancora vivo.
Sono stato figlio, ora sono padre di tre splendide creature. Rivivo la gioia di mio padre quando guardando nei miei occhi capiva che grande cosa era stato capace di creare, una piccolo essere dal quale prendere energia per affrontare la giornata e la vita. Da parte mia, lo vedevo un gigante pronto a difendermi da ogni mia paura, era la mia fonte di sicurezza e coraggio. Oggi capisco meglio l’importanza di essere genitore e spero che i miei figli, provino le stesse sensazioni che ho provato io, spero che guardando nei miei occhi capiscano la gioia che mi danno nel vedere la mia vita scorrere in loro.
Un genitore non dovrebbe tornare bambino per crescere suo figlio. Ma dovrebbe soltanto preoccuparsi di crescerlo insegnandogli a saper fare il genitore responsabile quando quel figlio diventerà adulto.
Basta poco a far piangere un bambino, ma ancora meno per farlo sorridere.
Dalle fragili mani dei bimbi passano giochi ed il futuro dell’umanità.
Se mi chiedessero di scrivere una lettera a una bambina che sta per nascere, lo farei così.Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto di affetto? Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni-segnali a volte sfacciati delle nostre assenze ma di attenzione. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei più saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole le relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire i vuoti, né pietire uno sguardo o un’ora d’amore. Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia. Adora la tua inquietudine finché avrai forza e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, sopratutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio per curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva. Mi piacerebbe che la persona che più ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell’orizzonte. E tu allora porterai quell’amore sempre con te, nascosto nella tua tasca più intima.