Claudio Cieco Appio – Destino
Ogni uomo é l’architetto del proprio destino.
Ogni uomo é l’architetto del proprio destino.
Il peggio l’ho lasciato per ultimo. Possiamo declassificare la Principessa riportandola semplicemente alla vecchia Eva Hodges, sesso femminile, età anni quattro, ceppo caucasico. Nel tardo pomeriggio la sua carrozza si è ritrasformata in una zucca con quattro topi a tirarla. A guardarla, la si sarebbe detta perfettamente normale, nessuna traccia di raffreddore. È giù, certo: le manca la mamma. A parte questo, appare perfettamente normale. E invece se l’è beccata. Dopo pranzo la pressione ha prima registrato un calo, poi una risalita: questo è l’unico mezzo diagnostico che Denninger è riuscito fino a questo momento a escogitare. Prima di cena Denninger mi ha mostrato i vetrini del suo espettorato – come incentivo alla dieta, i vetrini dell’espettorato sono ineguagliabili, credetemi – e sono pieni di quei germi a ruota di carro che, dice lui, non sono affatto germi ma incubatrici. Non riesco a capire come sia possibile che lui sappia dov’è quest’affare e che aspetto ha, eppure non sia in grado di bloccarlo. Mi propina un sacco di paroloni, ma secondo me non capisce nemmeno lui.
Ma qualsiasi inizio non è che un seguito, in realtà, ed il libro del destino è sempre aperto a metà.
Il cosmo è la sintesi del desiderio di Dio e, nel cosmo, noi siamo il suo strumento immaturo.
Ci sono porte che un pensiero può aprire, ci sono porte che un pensiero sceglie di non aprire.
Se amare significa io e te, respirare in due in un solo respiro… se amare significa tutto questo, non mi spiego perché sei volata.
Sono fermamente convinto che la nostra strada sia guidata da un filo invisibile che viene teso davanti a noi e che sentiamo vibrare ogni qual volta lo sfioriamo perché siamo nella direzione giusta, solo che spesso quella vibrazione ci fa paura anziché piacere.