Cristopher Iacò – Libri
Alla fine riusciamo a scrivere veramente solo quando passiamo un periodo di merda. Forse perché l’unico modo per rivivere i momenti felici è proprio quello di scriverli.
Alla fine riusciamo a scrivere veramente solo quando passiamo un periodo di merda. Forse perché l’unico modo per rivivere i momenti felici è proprio quello di scriverli.
Non ce la faccio più così – la lontananza da te, questa astrazione – perché non riesco a contenere tutto quello che sta succedendo: ho veramente bisogno di un contatto diretto. Di un contatto diretto con te. Basta, vieni con il tuo corpo, nella tua interezza, completa o parziale, divisa o moltiplicata. Ma vieni a braccia aperte.
Dormi, mia Bella. Fai tanti bei sogni. Tu sei l’unica ad avermi mai preso il cuore. Sarà per sempre tuo. Dormi, mio unico amore.
In realtà, la gente legge perché vuole scrivere. Ad ogni modo, la lettura è come riscrivere.
Il primo bacio.È il primo sorso che si beve dalla coppa del nettare della vita, che la dea ha riempito per noi. È la linea divisoria tra il dubbio che intrica lo spirito e rattrista il cuore, e la certezza che inonda di gioia l’io. È il primo inizio del canto della vita e il primo atto del dramma dell’Uomo considerato nella sua Idea. È il vincolo che unifica l’estraneità del passato con la luminosità del futuro; il nesso tra il silenzio dei sentimenti e il loro canto dispiegato. È una parola espressa da quattro labbra che dichiarano il cuore un trono, l’amore un re, e la fedeltà una corona. È il tenero tocco delle delicate dita di una brezza sulle labbra della rosa, che s’esprime in un sorriso di appagamento e in un dolce gemito.È l’inizio di quella magica vibrazione che trasporta gli innamorati dal mondo dei pesi e delle misure al mondo dei sogni e delle rivelazioni.È l’unione di due fiori odorosi; e la mescolanza delle loro fragranze verso la creazione di una terza anima.Come il primo sguardo è come un seme che la dea ha lanciato nel campo del cuore umano, così il primo bacio è il primo fiore dell’estremità del ramo dell’Albero della Vita.
Non era lo spino che si curvava verso i caprifogli, ma i caprifogli che abbracciavano lo spino. Nessuna concessione reciproca: l’una non cedeva mai, e gli altri si piegavano sempre.
Il teatro, quel dire ad alta voce i propri sogni, quel dare corpo alle proprie fantasie, era di essenziale importanza. Mi chiedevo perché mai non venisse dichiarato una istituzione sacra.