Daniele Tartaglione – Stati d’Animo
Quanti si sono fermati davanti ai miei occhi, accorgendosi solo del loro colore? Quanti hanno provato a sbirciarci dietro? Per vedere tutto ciò che potrei essere, tutto ciò che non possono spiegare le parole.
Quanti si sono fermati davanti ai miei occhi, accorgendosi solo del loro colore? Quanti hanno provato a sbirciarci dietro? Per vedere tutto ciò che potrei essere, tutto ciò che non possono spiegare le parole.
Lo sguardo è una comunicazione visiva, non verbale, con cuore contro cuore.
L’invidia? Non è un problema mio, è un grattacapo per chi la prova.
Sono momenti di totale indifferenza in cui si diventa indifferenti anche a se stessi perché lo scoramento germoglia proprio quando le emozioni sono al massimo e sembra spingano ma è proprio in questi momenti che si è più vulnerabili poiché quelle emozioni vogliono la verità che, spesso, manca.
Alle persone come me, che han sempre un po’ di paura dentro. Paura dei silenzi, quelli che fan rumore. Degli ospedali o di mostrarsi fragili. Degli addii perché ti spezzano. Delle parole che feriscono. Paura del buio perché non sai cosa c’è altrove. Paura di perdere chi ami. Paura di dimenticare. Di voltarti, un giorno, distrattamente dall’altra parte. Paura di non venir capiti, compresi, amati nei nostri mille difetti. E la paura forse un pizzico ci rende migliori. Ma fragili. E alcune paure sono silenziose, scivolano solo sull’anima. La nostra.
Incrocio il tuo sguardo e non ti staccherei mai gli occhi di dosso. Ti stringo e mi nutro del tuo odore per portarlo con me anche nei miei sogni. Vorrei riuscire a spiegarti cosa sei, cosa significhi. Ma il cuore non è collegato alla bocca proprio per questo forse: perché non esisteranno mai parole che riusciranno a spiegare cosa tu scateni in me. Vorrei avere la mia chance di farti vivere il groppo in gola che mi assale ogni volta prima di vederti, il batticuore quando ti aspetto giù dal portone, la pelle d’oca che ho quando, anche se per pochi istanti, la tua pelle sfiora la mia. Forse capiresti. E non mi lasceresti più andare. Io voglio solo te in questo mondo.
Questo curioso vizio di etichettare ogni cosa, di perimetrare tutto in anguste definizioni, come fossero dei mattoncini lego da riporre ordinatamente negli scatoloni. La realtà è che tu puoi definire il dolore di un femore rotto, ma non quello di un’anima dilaniata, puoi descrivere l’euforia di un attimo, ma non la felicità di una vita, puoi delineare i contorni dell’affetto, ma non tratteggiare i limiti dell’amore, puoi rappresentare un ricordo, ma non il tormento che scatena, puoi ingabbiare un puma, ma non il suo desiderio di libertà.