David Grossman – Libri
Che sollievo. Il sollievo dell’armatura che scopre dentro di sé un cavaliere ancora vivo.
Che sollievo. Il sollievo dell’armatura che scopre dentro di sé un cavaliere ancora vivo.
Un buon lettore, un gran lettore, un lettore attivo e creativo è un”rilettore”. La prima lettura comporta un lavoro fisico, serve soltanto a prendere familiarità con i contenuti del libro. Solo le letture successive permettono di goderne i particolari e di valutarlo artisticamente, perché l’idea complessiva del testo dovrebbe essere ormai chiara nella mente del lettore.
Ad un certo punto, durante la notte, che io stia lavorando, guardando la tv, scrivendo, leggendo, mi viene naturale abbassare le luci. Quasi iniziano a darmi fastidio, mi metto “all’ombra” di un’abat-jour, mi rintano nella luce del computer o della tv; dò spazio al buio. Ad un certo punto della notte la notte stessa si stanca di star fuori e bussa al vetro, come un amante con i sassolini, ed io non sono in grado di lasciarla fuori. Ad un certo punto della notte io mi riconcilio con il buio e mi stendo con il silenzio.
A volte, quando si sedeva sul suo letto a guardarlo dormire, le piaceva pensare che nei suoi sogni vivesse in un mondo dove tutti lo capivano, dove il linguaggio era qualcosa che lui spontaneamente comprendeva. Sperava che sognasse di giocare con altri bambini, che gli rispondevano, che non si allontanavano da lui perché non parlava. Sperava che nei sogni fosse felice. Dio poteva concedergli almeno quello. Giusto?
Scrivo per esserti lontanamente vicino.
I libri sono il contributo più prezioso che l’uomo, attraverso la loro lettura o la loro scrittura, assicura all’umanità, quale testimonianza del suo passaggio; essendo l’unica grande arma di trasmissione, alle coscienze, di libertà e di espressione, nel più grande amplesso della materia grigia che ci compone: la diffusione della cultura a 360° gradi.
Ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all’estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte né brucia nel fuoco. Da lì, da quell’ossicino, l’uomo verrà ricreato al momento della resurrezione dei morti. Così per un certo periodo ho fatto un piccolo gioco: cercavo di indovinare quale fosse il luz delle persone che conoscevo. Voglio dire, quale fosse l’ultima cosa che sarebbe rimasta di loro, impossibile da distruggere e dalla quale sarebbero stati ricreati. Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L’ho dichiarato disperso finché l’ho visto nel cortile della scuola. Subito quell’idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un’altra persona.