E. L. James – Libri
Se non ti fidi di me, se credi che io non conosca l’effetto che ho su di te, che non sappia fin dove posso spingermi, fin dove posso portarti se non sei in grado di essere onesta con me, allora è meglio che lasciamo perdere.
Se non ti fidi di me, se credi che io non conosca l’effetto che ho su di te, che non sappia fin dove posso spingermi, fin dove posso portarti se non sei in grado di essere onesta con me, allora è meglio che lasciamo perdere.
Lui mi prende la mano e mi fa entrare nella stanza, e prima che me ne renda conto, si inginocchia davanti a me. (…).Dalla tasca interna della giacca tira fuori un anello e alza su di me gli occhi, brillanti, grigi e sinceri, pieni d’emozione.”Anastasia Steele. Ti amo. Voglio amarti, curarti e proteggerti per il resto della tua. Sii mia. Sempre. Condividi la tua vita con me. Sposami.”
Ormai avrei dovuto esserci abituata, e tuttavia non era così. Avevo la sensazione che Edward fosse il genere di persona a cui era impossibile abituarsi.
Un libro deve procurare le ferite, deve allargarle. Un libro deve essere pericoloso.
Scrivere è una delle attività più solitarie del mondo. Una volta ogni due anni, io mi siedo davanti al computer, osservo il mare sconosciuto della mia anima e scorgo alcune isole – idee che si sviluppano e che sono pronte per essere esplorate. Allora prendo la mia barca – il suo nome è “parola” – e scelgo di navigare verso la più vicina. Durante il tragitto, mi imbatto in correnti, venti e tempeste, eppure continuo a remare, sempre più esausto. Sono consapevole di essermi allontanato dalla rotta, di non avere più all’orizzonte l’isola dove intendevo arrivare.Tuttavia non c’è modo di tornare indietro: devo proseguire comunque, oppure mi ritroverò perso in mezzo all’oceano. In quel momento, mi attraversa la mente una sequela di scene terrorizzanti: io che trascorro il resto della mia vita parlando dei successi passati, o criticando aspramente i nuovi scrittori, per il semplice fatto di non avere il coraggio di pubblicare altri libri. Ma il mio sogno non era quello di fare lo scrittore? Dunque devo continuare a creare frasi, paragrafi, capitoli, a scrivere fino all’esaurimento, senza lasciarmi paralizzare dal successo, dalla sconfitta, dalle trappole.Scosso da questi pensieri assurdi, scopro in me una forza e un coraggio di cui ignoravo l’esistenza: mi aiutano ad avventurarmi nel lato sconosciuto della mia anima. Mi lascio trasportare dalla corrente e finisco per ancorare la mia barca nei pressi dell’isola dove sono stato condotto. Passo giorni e notti scrivendo ciò che vedo, domandandomi per quale motivo sto agendo così, ripetendomi ad ogni istante che questo sforzo è ormai inutile, che non ho più bisogno di dimostrare niente a nessuno, che ho già ottenuto ciò che desideravo e molto più di quanto osavo sognare.
Leggere serve a costruirsi una propria opinione, non ad accettare pedissequamente quella di chi scrive.
I libri mi piacciono perché non strillano, sono silenziosi, eppure dicono un sacco di cose.
Lui mi prende la mano e mi fa entrare nella stanza, e prima che me ne renda conto, si inginocchia davanti a me. (…).Dalla tasca interna della giacca tira fuori un anello e alza su di me gli occhi, brillanti, grigi e sinceri, pieni d’emozione.”Anastasia Steele. Ti amo. Voglio amarti, curarti e proteggerti per il resto della tua. Sii mia. Sempre. Condividi la tua vita con me. Sposami.”
Ormai avrei dovuto esserci abituata, e tuttavia non era così. Avevo la sensazione che Edward fosse il genere di persona a cui era impossibile abituarsi.
Un libro deve procurare le ferite, deve allargarle. Un libro deve essere pericoloso.
Scrivere è una delle attività più solitarie del mondo. Una volta ogni due anni, io mi siedo davanti al computer, osservo il mare sconosciuto della mia anima e scorgo alcune isole – idee che si sviluppano e che sono pronte per essere esplorate. Allora prendo la mia barca – il suo nome è “parola” – e scelgo di navigare verso la più vicina. Durante il tragitto, mi imbatto in correnti, venti e tempeste, eppure continuo a remare, sempre più esausto. Sono consapevole di essermi allontanato dalla rotta, di non avere più all’orizzonte l’isola dove intendevo arrivare.Tuttavia non c’è modo di tornare indietro: devo proseguire comunque, oppure mi ritroverò perso in mezzo all’oceano. In quel momento, mi attraversa la mente una sequela di scene terrorizzanti: io che trascorro il resto della mia vita parlando dei successi passati, o criticando aspramente i nuovi scrittori, per il semplice fatto di non avere il coraggio di pubblicare altri libri. Ma il mio sogno non era quello di fare lo scrittore? Dunque devo continuare a creare frasi, paragrafi, capitoli, a scrivere fino all’esaurimento, senza lasciarmi paralizzare dal successo, dalla sconfitta, dalle trappole.Scosso da questi pensieri assurdi, scopro in me una forza e un coraggio di cui ignoravo l’esistenza: mi aiutano ad avventurarmi nel lato sconosciuto della mia anima. Mi lascio trasportare dalla corrente e finisco per ancorare la mia barca nei pressi dell’isola dove sono stato condotto. Passo giorni e notti scrivendo ciò che vedo, domandandomi per quale motivo sto agendo così, ripetendomi ad ogni istante che questo sforzo è ormai inutile, che non ho più bisogno di dimostrare niente a nessuno, che ho già ottenuto ciò che desideravo e molto più di quanto osavo sognare.
Leggere serve a costruirsi una propria opinione, non ad accettare pedissequamente quella di chi scrive.
I libri mi piacciono perché non strillano, sono silenziosi, eppure dicono un sacco di cose.
Lui mi prende la mano e mi fa entrare nella stanza, e prima che me ne renda conto, si inginocchia davanti a me. (…).Dalla tasca interna della giacca tira fuori un anello e alza su di me gli occhi, brillanti, grigi e sinceri, pieni d’emozione.”Anastasia Steele. Ti amo. Voglio amarti, curarti e proteggerti per il resto della tua. Sii mia. Sempre. Condividi la tua vita con me. Sposami.”
Ormai avrei dovuto esserci abituata, e tuttavia non era così. Avevo la sensazione che Edward fosse il genere di persona a cui era impossibile abituarsi.
Un libro deve procurare le ferite, deve allargarle. Un libro deve essere pericoloso.
Scrivere è una delle attività più solitarie del mondo. Una volta ogni due anni, io mi siedo davanti al computer, osservo il mare sconosciuto della mia anima e scorgo alcune isole – idee che si sviluppano e che sono pronte per essere esplorate. Allora prendo la mia barca – il suo nome è “parola” – e scelgo di navigare verso la più vicina. Durante il tragitto, mi imbatto in correnti, venti e tempeste, eppure continuo a remare, sempre più esausto. Sono consapevole di essermi allontanato dalla rotta, di non avere più all’orizzonte l’isola dove intendevo arrivare.Tuttavia non c’è modo di tornare indietro: devo proseguire comunque, oppure mi ritroverò perso in mezzo all’oceano. In quel momento, mi attraversa la mente una sequela di scene terrorizzanti: io che trascorro il resto della mia vita parlando dei successi passati, o criticando aspramente i nuovi scrittori, per il semplice fatto di non avere il coraggio di pubblicare altri libri. Ma il mio sogno non era quello di fare lo scrittore? Dunque devo continuare a creare frasi, paragrafi, capitoli, a scrivere fino all’esaurimento, senza lasciarmi paralizzare dal successo, dalla sconfitta, dalle trappole.Scosso da questi pensieri assurdi, scopro in me una forza e un coraggio di cui ignoravo l’esistenza: mi aiutano ad avventurarmi nel lato sconosciuto della mia anima. Mi lascio trasportare dalla corrente e finisco per ancorare la mia barca nei pressi dell’isola dove sono stato condotto. Passo giorni e notti scrivendo ciò che vedo, domandandomi per quale motivo sto agendo così, ripetendomi ad ogni istante che questo sforzo è ormai inutile, che non ho più bisogno di dimostrare niente a nessuno, che ho già ottenuto ciò che desideravo e molto più di quanto osavo sognare.
Leggere serve a costruirsi una propria opinione, non ad accettare pedissequamente quella di chi scrive.
I libri mi piacciono perché non strillano, sono silenziosi, eppure dicono un sacco di cose.