Emilio Fornasa – Arte
La poesia è nuda. L’arte è il suo vestito.
La poesia è nuda. L’arte è il suo vestito.
Nell’artista regna sempre un po’ del divino e un po’ di follia.
Tutto è allo stesso tempo realtà e simbolo.
Che cosa vana la pittura, che attira l’ammirazione per la somiglianza di cose di cui non si ammirano affatto gli originali!
L’arte non è una sottomissione ma una conquista.
Roma, un teatro all’aperto.
Se si parla di pittura sono d’obbligo Magritte, Permeke e, subordinatamente, Topor. Da evitare Picasso, e persino Pollok, forse anche Rauschenberg e Wahrol. Ammessi invece Kandinsky e Klee; semmai un patetico ricordo di Cy Twombly del periodo romano. Ottimo è, per l’Ottocento, confessare un debole per De Nittis e Boldini, persino per Michetti, e ovviamente per Fattori. Si va sempre bene ora con Boccioni, Balla, il primo Carrà. Fra gli scultori, con Moore non si sbaglia mai; glissare su Manzù e semmai ostentare una qualche nostalgia per Medardo Rosso. Se si parla di musica, evitare gli ovvi entusiasmi per Bach, Beethoven, Mozart; Debussy è sempre ottimamente quotato. Con Mahler si va sul sicuro. Ma Schonberg, la dodecafonia, e persino Nono sono argomenti rischiosi, meglio evitare. Ora si è invece tranquilli con Respighi. All’ovvio Verdi è sempre preferibile Donizetti, se non addirittura Puccini. Con Rossini non si sbaglia mai.