Ennio Flaiano – Società
I nomi collettivi servono a fare confusione: “Popolo, pubblico…”. Un bel giorno ti accorgi che siamo noi; invece credevi che fossero gli altri.
I nomi collettivi servono a fare confusione: “Popolo, pubblico…”. Un bel giorno ti accorgi che siamo noi; invece credevi che fossero gli altri.
I maya non avevano sbagliato a fare i conti, ormai non servono neanche i calendari. Non era il mondo a finire era l’uomo che lo portava all’esasperazione; se guardiamo bene l’uomo sta tornando al suo stato iniziale e non credo che l’evoluzione lo potrà far migliorare. Non sarà curvo come un ominide. Curva sarà la sua ragione non lascia passare più in niente. Per adesso è solo l’inizio della fine. Per adesso siamo solo branchi che vagano per il mondo. Alla ricerca di chi sa cosa in compagnia di chissà chi.
Ho guardato la terra dalla luna è ho pensato che schifo di gente ci vive, gente senza cuore, gente che si ammazza a vicenda per niente e non conosce pietà, gente che non ama ma tremendamente odia, gente che farebbe l’impossibile per il denaro, gente invidiosa di chi non ha nulla, gente ipocrita che davanti ti mostra i denti e alle spalle ti vorrebbe morta, viviamo in un mondo triste in tutti i sensi, dove l’unica arma di comunicazione è la spada, la gente dovrebbe iniziare a riflettere ma sopratutto a prendere iniziativa per il cambiamento per il bene dell’umanità, prima che sia troppo tardi.
Nel silenzio delle leggi nascono le grandi azioni.
Tutti siamo potenziali criminali. Il crimine non ha sesso né posizione geografica né religione.
Arbeit macht frei. Se almeno non ci fosse tanto freddo. O tanta fame. Se le ali di tutto ciò che vola avessero conservato i colori, la leggerezza. Le gole il canto, i viottoli i piccoli rumori del giorno. L’odore del caffè, della zuppa di cavolo, del miele pronto per i dolci. Se ci fossero ancora le ragazze di maggio, gonne svolazzanti, gambe snelle al volteggiare di danza. E i ragazzi timidi e sfrontati, giovani cervi a misurare il palco delle muschiose corna, tra risate e urti di spalle. E i bambini, i loro trilli e cinguettii, il loro pianto di capriccio, l’urlo del mal di pancia e le madri, carezze e balbettii di zucchero, calore di seni turgidi e profumo di sapone Quanto silenzio invece rotto da respiri in rantolo, da voci secche, strusciar di piedi e tosse. E l’odore che regna sovrano è nel grigio fumo dei camini.
Se non esiste solidarietà tra coloro che comandano e coloro che obbediscono, se il singolo non si sente motivato e essere un membro della totalità, come può la società procedere in armonia?