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Erri De Luca (Enrico De Luca) – Libri

La sorpresa di non sedermi accanto, di sedermi e basta, di parlar agli altri e non guardarla mentre mi ascoltava, la sorpresa di parlare e basta, e tutto il resto del da farsi senza una sua parola, il da farsi e basta, mi faceva sbandare, la sorpresa.

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    Canta! Perché il bagno sul finir del giornoSai che laverà via il fango più immondo!Pazzo è colui che si rifiuta di cantare;Dell’Acqua Calda non vi è piacer più salutare!Dolce è della pioggia che cade intorno il suono,E del ruscel che scorre dal colle al pianoro;Ma meglio della pioggia e dell’impetuoso torrente,È l’Acqua Calda di un fango fumante e bollente.D’acqua fredda il bisogno noi risentiamo a voltePer cavare la sete e procurar sollievo;Ma in questi casi è meglio di Birra una botteE giù per la tua schiena Acqua Calda a dirotto.Bello è veder l’acqua zampillareE da una fonte limpida al sole scintillare,ma suono di fontana non sarà mai sì piacevoleCome dello sguazzar nell’Acqua Calda il rumor allettevole!

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    Esercizio di irrobustimento dello spirito.Nonna ci dice: “Figli di cagna!”La gente ci dice: “Figli di una Strega! Figli di puttana!”Altri dicono: “Imbecilli! Mascalzoni! Mocciosi! Asini! Maiali! Porci! Canaglie! Carogne! Piccoli merdosi! Pendagli da forca! Razza di assassini!”Quando sentiamo queste parole, il nostro volto diventa rosso, le orecchie ronzano, gli occhi bruciano, le ginocchia tremano.Non vogliamo più arrossire né tremare, vogliamo abituarci alle ingiurie e alle parole che feriscono.Ci sistemiamo al tavolo della cucina uno di fronte all’altro e, guardandoci negli occhi, ci diciamo delle parole sempre più atroci.Uno: “Stronzo! Buco di culo!”L’altro: “Vaffanculo! Bastardo!”Continuiamo così finché le parole non entrano più nel nostro cervello, non entrano nemmeno nelle nostre orecchie.Ci esercitiamo in questo modo una mezz’ora circa ogni giorno, poi andiamo a passeggiare per le strade.Facciamo in modo che la gente ci insulti e constatiamo che finalmente riusciamo a restare indifferenti.Ma ci sono anche le parole antiche.Nostra Madre ci diceva: “Tesori miei! Amori miei! Siete la mia gioia! Miei bimbi adorati!”Quando ci ricordiamo di queste parole, i nostri occhi si riempiono di lacrime.Queste parole dobbiamo dimenticarle, perché adesso nessuno ci dice parole simili e perché il ricordo che ne abbiamo è un peso troppo grosso da portare.Allora ricominciamo il nostro esercizio in un altro modo:Diciamo: “Tesori miei! Amori miei! Vi voglio bene… Non vi lascerò mai… Non vorrò bene che a voi… Sempre… Siete tutta la mia vita…”a forza di ripeterle, le parole a poco a poco perdono il loro significato e il dolore che portano si attenua.