Federico Moccia – Libri
Se ami qualcuno devi dirglielo subito se no il momento passa, passa il tempo e non lo farai più.
Se ami qualcuno devi dirglielo subito se no il momento passa, passa il tempo e non lo farai più.
“Ma se avessi trovato… ” S’interruppe e inclinò la testa. “Stavo per dire se avessi trovato qualcuno, ma non lo dirò. Se avessi trovato te […]”
Se un libro fosse la vita, le pagine sarebbero i giorni.
Provò una stretta al cuore.O anche no.”Oh, dei” mormorò Windle, appoggiandosi alla parete. E quello come funzionava, ora? Punzecchiò un paio di nervi possibili. Com’era… sistolico… diastolico… sistolico… diastolico…? e poi c’erano i polmoni…Come un giocoliere che faceva girare diciotto piatti allo stesso momento, come un uomo che cerca di programmare un videoregistratore con un manuale di istruzioni tradotto dal giapponese in olandese da un pilatore di riso coreano, come un uomo che scopre cosa significa davvero l’autocontrollo, Windle Poons si incamminò barcollando.
[…] Certo mi ricordano molto il Bilbo degli ultimi anni prima della partenza. Diceva spesso che la Via è unica, ed è come un grande fiume: le sue sorgenti si trovano davanti ad ogni soglia, ed ogni sentiero ne è l’afflunte. “È pericoloso e impegnativo uscire di casa, Frodo”, mi ripeteva sempre. “Cammini per la strada e, se non fai attenzione, chissà fin dove sei trascinato. Ti rendi conto che questo è il sentiero che attraversa il Bosco Atro, e che, se non glielo impedisci, ti potrebbe portare fino alla Montagna Solitaria, o ancor più in là, in chissà quali posti terribili?”. Me lo diceva stando in piedi in mezzo al sentiero che parte da Casa Baggins, specialmente al ritorno da qualche passeggiata.
Ci sono due modi per guardare il volto di una persona. Uno è guardare gli occhi come parte del volto. L’altro è guardare gli occhi e basta, come se fossero il volto. È una di quelle cose che mettono paura quando le fai. Perché gli occhi sono la vita in miniatura. Bianchi intorno, come il nulla in cui galleggia la vita, l’iride colorata, come la varietà imprevedibile che la caratterizza, sino a tuffarsi nel nero della pupilla che tutto inghiotte, come un pozzo oscuro senza colore e senza fondo. Ed è lì che mi sono tuffato guardando Silvia in quel modo, nell’oceano profondo della sua vita, entrandoci dentro e lasciando entrare lei nella mia: gli occhi Ma non ho retto lo sguardo. Invece Silvia sì.
Il padiglione cancro era il numero tredici. Pàvel Nikolàeviĉ Rusànov non era mai stato superstizioso, né avrebbe potuto esserlo, ma ebbe un tuffo al cuore quando vide scritto “padiglione N. 13” sul suo foglio di ricovero. Possibile non avessero avuto abbastanza buon senso da dare quel numero al padiglione delle protesi o a quello di patologia intestinale?Ma era quella clinica, ormai, l’unico posto in tutta la repubblica, in cui si poteva fare qualcosa per lui.