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Francesco Iannì – Libri

Lo scrittore è come un segugio che scava per portare alla luce qualcosa nascosto in profondità. Mentre il cane si serve delle zampe per esplorare il terreno, lo scrittore si fionda nel baratro emozionale della propria interiorità. Il risultato non cambia: in entrambi i casi, si entra in contatto con una realtà preesistente e sconosciuta.

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    Il titolo del libro è Addio alle armi e, eccettuati tre anni da quando è stato scritto, c’è stata quasi continuamente una guerra di qualche genere. C’era qualcuno che diceva sempre, perché questo tale è così preoccupato e ossessionato dalla guerra, e ora dal 1933 forse è chiaro perché uno scrittore debba interessarsi al continuo, prepotente, criminale, sporco delitto che è la guerra. Siccome di guerre ne ho fatte troppe, sono certo di avere dei pregiudizi, e spero di avere molti pregiudizi. Ma è persuasione ponderata dello scrittore di questo libro che le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure soltanto dalla gente, per quanto, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra; ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono a profittarne. Sono persuaso che tutta la gente che sorge a profittare della guerra e aiuta a provocarla dovrebbe essere fucilata il giorno stesso che incominciano a farlo da rappresentanti accreditati dei leali cittadini che la combatteranno.L’autore di questo libro sarebbe molto lieto di incaricarsi di questa fucilazione, se fosse legalmente delegato da coloro che combatteranno, e di badare a che venga eseguita con tutta l’umanità e la correttezza possibile e badare che a tutti i corpi venga data degna sepoltura. potremmo perfino riuscire a farli seppellire nel cellophaneo in qualcuno dei più moderni materiali plastici. Alla fine della giornata se vi fosse qualche prova che sono stato io a provocare in qualche modo la nuova guerra o non ho eseguito debitamente i doveri a me conferiti, sarei disposto, se non lieto, a farmi fucilare dallo stesso plotone di esecuzione e farmi seppellire con o senza cellophane o esser lasciato nudo su una collina.

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    A volte era così facile dimenticare che baciavo un vampiro. Non perché il suo aspetto fosse comune o umano – nemmeno per un secondo riuscivo a dimenticare che tra le braccia stringevo qualcuno che era più un angelo che un uomo – ma perché Edward trasformava in una cosa dal nulla il fatto che le sue labbra fossero sulle mie, sul mio viso e sul mio collo. Diceva che il mio sangue ormai non era più una tentazione, che il timore di perdermi aveva neutralizzato ogni brama. Eppure sapevo che l’odore del mio sangue lo faceva ancora soffrire, gli bruciava ancora la gola come se respirasse fuoco.Socchiusi gli occhi e vidi i suoi fissi sul mio viso. Era assurdo quando mi guardava così. Come fossi il premio anziché la vincitrice, sfacciatamente fortunata.