Loredana Merlin – Frasi sulla Natura
Apro l’ombrello per ripararmi dal dolore.Che ombrello scemo, sarà bucato: soffro!
Apro l’ombrello per ripararmi dal dolore.Che ombrello scemo, sarà bucato: soffro!
La natura, quando vuole comunicare con noi, non trovando altro modo, riempie il nostro animo di ritmi e melodie.
Piccola orchidea rossa d’amore, quasi intimidita nei tuoi leggiadri petali, suggelli in te la bellezza del Creato, la offri al grembo della materna Natura per non far scordare quell’emozione che ha colto il tuo Pittore Assoluto nell’amarti al primo sguardo.
Una volta aver provato l’ebrezza del volo, quando sarai di nuovo coi piedi per terra, continuerai a guardare il cielo.
L’uomo è natura, perché entrambi sono polvere di stelle.
Quello che in passato era male, resta lo stesso in qualsiasi tempo: alcuni avevano visto più in là di qualsiasi fede, detto e scritto, a Hitler, Mussolini, e quindi a Cristo, ai suoi e al Padre, che una certa lotta per la sopravvivenza e il mutamento della carne è in realtà una lotta per la propria morte ad ogni costo. Costruire depredando la sostanza di ogni mondo spezza l’equilibrio che li sostiene. Questa vita forte, di bellezza e intelligenza, nata in una parodia di immortalità, su cosa poggerà i piedi, quando sarà bruciato ogni atomo di quello che la compone?
Cosa vuoi che sia un granello di sabbia, da un granello di sabbia può nascere una perla; da un granello di sabbia può nascere un nuovo mondo…
I fiori sono il bel sorriso della Natura.
Se manca l’erba… di tutta si può fareun solo fascio.
Sotto soli incendiati, terre crollate, vite bruciate, mi chiedo come un creatore voglia la morte della sua creazione (l’universo e le sue dimensioni) per inseguire una pulsione spirituale e un egoismo carnale. La risposta è semplice come fare uno più uno: Dio non è il creatore della materia dal nulla, è solo un utilizzatore di quello che c’era già. Rapendo, macellando per trasformare uno zero in infinito, il risultato che otterrà lo confessa il destino che già adesso è cominciato, e che addirittura è più grave di quanto gli possa sembrare.
Fu mia madre a insegnarmi ad amare le lampare dei pescatori nella stellata oscurità, e il volo dei pellicani che sfiorano all’alba i flutti spumosi. Lei fu, a farmi notare il conio perfetto di quei ricci di mare rotondi e appiattiti che si chiamano appunto “dollari della rena”, le forme di rombo o passera intarsiate nella sabbia simili a profili di dame sui cammei, il relitto presso il ponte di Colleton pulsante della alacre attività di lontre marine. Ella vedeva il mondo attraverso il prisma abbagliante della vera fantasia.
Anche il cielo partecipa al dolore degli uomini, durante i temporali. Si tinge di nero per ostentare il lutto, piange lacrime di pioggia, urla, soffre e si dispera con tuoni, lampi e fulmini.
La natura è come un’ombra di Dio, un riflesso della sua bellezza e uno splendore.
Tutta la natura è protesa verso un tu. Tutti gli esseri viventi sono in comunione. Gli uni con gli altri.
Se teniamo conto di quanto risulta dalla storia della scienza, allora troviamo molti motivi per accettare, come ragionevole, un punto di vista che si regge su due argomenti. Il primo asserisce che attorno a noi c’è una congerie di cose che esistono per conto loro, indipendentemente da noi. Il secondo invece sostiene che ciò che indichiamo abitualmente con il nome natura è una variabile costruzione umana. E questa variabilità dipende dall’evoluzione delle teorie, la quale coinvolge di continuo l’introduzione o l’eliminazione di oggetti intermedi – orbi celesti, fluidi calorici o magnetici, eteri luminiferi, atomi vorticosi, elettroni – la cui esistenza è, di volta in volta, indispensabile per collegare gli schemi teorici e i risultati sperimentali con i dati di senso comune.
La Natura sente in certo modo il bisogno di rivelarsi, di esprimere il ritmo e le fatiche della propria vita, di trasmettere fino alla nostra coscienza i contorni del suo esistere, le personalità dei suoi esseri singolari, il significato che, pure oscuramente, ogni cosa animata o inanimata, sa di possedere.
Quando natura e società vivranno nell’aula scolastica, quando le forme e gli strumenti didattici saranno subordinati alla sostanza dell’esperienza, allora sarà possibile operare questa identificazione, e la cultura diventerà la parola d’ordine della democrazia.