Sulla tavola misi un tovagliolo, una forchetta e il succo di arancia: mentre attendevo si cuocesse la mia colazione, guardavo fuori dalla finestra. Mi dava piacere. Era come aprire il sipario del palco scenico di un teatrino. Tiravo la cordicella e la tendina, fatta di finissime cannucce di legno, si avvolgeva lentamente su se stessa e… lo spettacolo iniziava.
E dietro quel sorriso nascondevo tante cose, troppe, e nessuno le vedeva.
La vita è come un albero di Natale pieno, strapieno di rompipalle.
Adoro come riesci a farmi sentire stupido accanto a te.
Dentro di noi, è il viaggio che più ci arricchisce.
Libero da questa falsa libertà di questa falsa realtà.
Lacrime lunghe che arrivano alle ginocchia perché le ginocchia arrivano agli occhi ed i capelli fanno da coperta e le braccia da gabbia, la pancia da cuscino ed uno sgabello da trespolo, così, appollaiata al dolore a mangiar miglio liquido e veder il vento fare mulinello di piume, ché delle ali è rimasto scheletro decalcificato e dell’aria che libra, carbonio tossico.