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Italo Calvino – Libri

Guadato il fiume, valicato il passo, l’uomo si trova di fronte tutt’a un tratto la città di Moriana, con le porte d’alabastro trasparenti alla luce del sole, le colonne di corallo che sostengono i frontoni incrostati di serpentina, le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa. Se non è al suo primo viaggio l’uomo sa già che le città come questa hanno un rovescio: basta percorrere un semicerchio e si avrà in vista la faccia nascosta di Moriana, una distesa di lamiera arrugginita, tela di sacco, assi irte di chiodi, tubi neri di fuliggine, mucchi di barattoli, muri ciechi con scritte stinte, telai di sedie spagliate, corde buone solo per impiccarsi a un trave marcio. Da una parte all’altra la città sembra continui in prospettiva moltiplicando il suo repertorio d’immagini: invece non ha spessore, consiste solo in un diritto e in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né guardarsi.

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    Scrivere è come amare? No! L’amore soddisfa se corrisposto, scrivere no a volte penso sia solo un inutile passatempo una pura illusione Scrivere è insoddisfazione è mancanza di qualcosa Posso scrivere che ti amo, ma non sarà mai come dirtelo e ricevere un tuo sorriso scrivere è una tremenda illusione questo è quello che penso eppure continuo a scrivere perché? Perché? Perché?

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    Ettore sorrise. E Andromaca gli andò vicino e lo prese per mano. Piangeva e diceva “Infelice, la tua forza sarà la tua rovina. Non hai pietà di tuo figlio, che è ancora un bambino, e di me, sventurata? Vuoi tornare là fuori, dove gli Achei ti balzeranno addosso, tutti insieme, e ti uccideranno?”. Piangeva. E poi disse: “Ettore, se io ti perdo, morire sarà meglio che rimanere viva: perché non ci sarà conforto, per me, solo dolore. Io non ho padre, non ho madre, non ho più nessuno. Il padre me l’ha ucciso Achille quando distrusse Tebe dalle alte porte. Avevo sette fratelli e tutti li uccise Achille, nello stesso giorno, mentre pascolavano i buoi, lenti, e le candide pecore. E mia madre, Achille se la portò via, e poi pagammo per riaverla, e lei tornò, ma per morire di dolore, d’improvviso, nella nostra casa. Ettore, tu mi sei padre, e madre, e fratello, e sei il mio sposo, giovane: abbi pietà di me, resta qui, sulla torre. Non combattere in campo aperto, fà arretrare l’esercito vicino al fico selvatico, a difendere l’unico punto debole delle mura, dove già tre volte hanno tentato l’assalto gli Achei, spinti dal loro coraggio.”Ma Ettore rispose: “So anch’io tutto questo, donna. Ma la vergogna che proverei a tenermi lontano dalla battaglia sarebbe troppo grande. Io sono cresciuto imparando a essere forte sempre, e a combattere ogni battaglia in prima fila, per la gloria di mio padre e per la mia. Come potrebbe il mio cuore, adesso, lasciarmi fuggire? Io lo so bene che verrà il giorno in cui perirà la sacra città di Troia, e con essa Priamo e la gente di Priamo. E se immagino quel giorno non è il dolore dei Troiani che immagino, né quello di mio padre, di mia madre, o dei miei fratelli, caduti nella polvere uccisi dai nemici. Io, quando immagino quel giorno, vedo te: vedo un guerriero Acheo che ti prende e ti trascina via in lacrime, ti vedo schiava, ad Argo, mentre tessi le vesti di un’altra donna e per lei vai a prendere l’acqua alla fonte, ti vedo piangere, e sento la voce e sento la voce di quelli che guardandoti dicono” Eccola lì la sposa di Ettore, il più forte di tutti i Troiani”. Possa io essere sotto terra prima di dover udire le tue grida.

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    Fu come un processo metallurgico nel nucleo profondo di ciò che ero, in corso da tempo e finalmente pronto a forgiare qualcosa di nuovo. Fu quel bacio lungo e ininterrotto a ultimare la nuova creazione, ardente e affilate, e a gettarla con un gran sibilo nell’acqua fredda che la rese dura e definitiva. Indistruttibile.