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Lisa Jane Smith – Libri

La leggenda dice che gli specchi riflettono l’anima della persona che vi si guarda. Non poteva fare altro che stringerlo fra le braccia, ed Elena lo fece.”Ti amo”, gli sussurrò.Era l’unico conforto che poteva dargli. Era tutto quel che avevano. Le sue braccia si strinsero intorno a lei, il viso affondato nei capelli “sei tu lo specchio”, le sussurrò di rimando. […]”io sono lo specchio?”, disse a quel punto, sollevando lo sguardo verso di lui.”Tu hai rubato la mia anima” disse.

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    Io guardavo la donna che ero stata fino ad allora: era debole ma fingeva di essere forte. Aveva paura di tutto, ma diceva a se stessa che non si trattava di paura, bensì della saggezza di chi conosce la realtà. Costruiva pareti intorno alle finestre da cui penetrava la gioia del sole, affinché i suoi mobili non si sbiadissero. Ho visto l’altra seduta nell’angolo della camera, fragile, stanca, delusa. Controllava e schiavizzava quello che avrebbe dovuto essere sempre libero: i sentimenti. Tentava di giudicare l’amore futuro in base alla sofferenza passata. L’amore è sempre nuovo. Non importa che amiamo uno, due o dieci volte nella vita: ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo. L’amore può condurci all’inferno o in paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. È necessario accettarlo perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza. Se non lo accettiamo, moriremo di fame pur vedendo i rami dell’albero della vita carichi di frutti: non avremo il coraggio di tendere la mano e coglierli. É necessario ricercare l’amore là dove si trova, anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e tristezza. Perché nel momento in cui partiamo in cerca dell’amore, anche l’amore muove per venirci incontro. E ci salva.

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    Il dolore è passato. La vita lo ha trasformato in qualcos’altro; dopo averlo provato, dopo aver singhiozzato, lo si nasconde agli occhi del mondo come una mummia da custodire nel padiglione funerario dei ricordi. Passa anche il dolore provocato dall’amore, non credere. Rimane il lutto, una specie di cerimonia ufficiale della memoria. Il dolore era altro: era urlo animalesco, anche quando stava in silenzio. È così che urlano le bestie selvatiche quando non comprendono qualcosa nel mondo – la luce delle stelle o gli odori estranei – e cominciano ad avere paura e ululare. Il lutto è già un dare senso, una ragione e una pratica. Ma il dolore un giorno si trasforma, la vanità e il risentimento insiti nella mancanza si prosciugano al fuoco purgatoriale della sofferenza, e rimane il ricordo, che può essere maneggiato, addomesticato, riposto da qualche parte. È quel che accade ad ogni idea e passione umane.